martedì 29 agosto 2017

La migrazione sociale e le regole che non ci sono. Ferrara come specchio di una nazione.



Ferrara…
Parlare della situazione migratoria a Ferrara è comunque parlare della situazione generale del paese. La nostra città non è messa peggio di altre, è semplicemente l’esempio di una deriva nazionale che non ha una via di uscita.

Almeno fino a quando una serie di marce politiche condotte con il disprezzo per il cittadino continueranno a essere attuate. Ma se da una parte la responsabilità di quanto accade è sicuramente di chi governa e legifera, dall’altra il popolo (cioè tutti noi) non può far finta di non avere colpe.

 La migrazione che ha invaso -letteralmente- Ferrara negli ultimi due decenni non ha portato quello che gli “esperti” chiamano arricchimento da diversità culturale, perché se così fosse è piuttosto ovvio che questo arricchimento è rimasto nascosto ai più.

Quello che si è creato è una spaccatura netta, supportata da una deriva sociale che già prima era presente, ma almeno abbastanza circoscritta.

Nel “prima”, Ferrara aveva già i suoi vagabondi, i suoi soggetti ai margini, i suoi derelitti, i suoi piccoli e grandi criminali, gli spacciatori, i tossici e tutto il cucuzzaro. Non ne era esente, ma tutto sommato la situazione, per quanto brutta, era sopportabile.

La migrazione incontrollata di persone in fuga (da qualsiasi cosa, ma alcuni anche dalla legge dei paesi di origine) ha estremizzato e aumentato quello che avevamo già in casa: microcriminalità, disagio, povertà. A questo possiamo aggiungere qualcosa che prima mancava. Il ghetto.

Alcune zone della città si stanno trasformando in questo.
Agglomerati di persone dove lo straniero diventa l’individuo autoctono: l’italiano nato e cresciuto qui.

Fai presto a dire che non devi generalizzare e che gli stranieri non sono tutti uguali, che non tutti sono qui per delinquere, che non tutti sono dei potenziali pericoli, ma se gli episodi di violenza e illegalità sono aumentati con l’arrivo di una massa considerevole di stranieri è logico pensare che questi possano esserne parte in causa.

Certo, non piace. Non è bello e non è politicamente corretto puntare il dito. Ma si deve cercare di essere obiettivi.

Quando avevo 25 anni –nel 1993- e di sera me ne andavo in giro in bicicletta per viale IV novembre, per Corso Piave, per Corso Isonzo, nella zona dell’Acquedotto, non venivo adocchiato da nessuno che volesse propormi l’acquisto di droga.
Certo, gli spacciatori c’erano anche allora (eccome!), ma non a ogni angolo di strada.

Oggi, ti succede in macchina. Ti fermi a un semaforo e lo straniero ti fischia, ti fa un cenno, ti osserva. Cosa vorrà? Una sigaretta, un passaggio, un’informazione? No. Vuole venderti la “roba”.

Quando avevo 25 anni i parcheggiatori abusivi c’erano già, ma erano pochi e perlopiù italiani. Oggi non puoi andare in nessun parcheggio senza trovare almeno due stranieri che chiedono il “contributo”. E se non glielo dai, anche qualche centesimo, tendono a incazzarsi.
La situazione dava la nausea anche prima, ma adesso si è andati oltre.

Quindi, cosa è successo? L’arricchimento da diversità culturale che fine ha fatto?

A margine di questa vera e propria onda migratoria possiamo notare degli effetti positivi? Certo.
Che l’incontro tra diverse culture possa essere benefico è certamente una verità, ma questo, però, adesso, non è solo sporadico, ma diventa irrisorio nel mare di disagio che lo circonda.

È una storia vecchia come il mondo.
Se vai a casa di qualcun altro la prima cosa da fare è il rispetto delle regole del padrone di casa. Punto. Non c’è discussione.
Purtroppo, l’uomo (in generale) è tendenzialmente insofferente alle regole, a tutte le latitudini, a meno che non ci sia un sistema (fatto e condotto da persone che provano a "evolversi") che spinga per il rispetto delle regole a qualunque costo.
E questo in Italia, e a Ferrara, non c’è stato.

L’onda migratoria è stata trattata partendo dal concetto di “poverini, aiutiamoli”, che sarebbe pure umano e giusto, ma è pericoloso, perché non è mai stato supportato da un vero e proprio controllo e da un sistema efficace di integrazione.

L’integrazione inizia con insegnare e spiegare cosa puoi e cosa non puoi fare. E cosa rischi in caso tu decida di contravvenire alle regole. E' vero anche che devi assicurare a chi arriva un paracadute di leggi e strutture che lo tuteli, prima di lasciarlo alla mercé di un paese che non conosce.

Ahimè, in un paese in cui il sistema giudiziario fa acqua da tutte le parti, che cosa ci aspettavamo?
In un paese che accoglie tutti e comunque, ma che non è mai stato in grado di controllare la propria criminalità come si poteva pensare di evitare la deriva che ne è conseguita?

Perché l’aumento di stranieri caduti nella rete del crimine organizzato e l’aumento di organismi criminali esterni (russi, cinesi, africani) è dovuto al fatto che noi per primi non abbiamo saputo tappare le falle già presenti e prevenire quelle probabili.
E tanti saluti all’arricchimento culturale…
Perché se c’è stato un arricchimento, e c’è stato, si è verificato in gran parte nella parte illegale del Sistema.

È chiaro che, arrivati a leggere fin qui, il rischio che io venga additato come razzista e intollerante è molto alto.
La prima accusa potenziale è falsa, la seconda no.

Non esiste il razzismo. Per definizione è una puttanata, oltre che un errore madornale, perché la razza a cui apparteniamo tutti è una e una sola.
Che ci piaccia o no, bianchi, neri e colori intermedi sono tutti esseri umani. La specie umana. Punto. Per cui, dare del razzista a qualcuno è da scemi.

Intollerante…e beh…sì.

La questione del rispetto delle regole è fondamentale per capire il concetto dell’intolleranza e deve essere applicata a 360°.

Se io vado in un paese straniero mi devo adattare alle regole che trovo e se non mi piacciono, perché posso trovarle non adatte a me, me ne devo andare altrove. Non è difficile come concetto.

Posso trovare un abominio alcune regole che applicano certi paesi, ma chi sono io per imporre la mia volontà? E ha un senso?
Può averlo nel caso in cui io trovi delle regole che per me sono disumane, ma: 1) non sono obbligato a rimanere; 2) posso far presente ciò che ho rilevato ad associazioni umanitarie che si occupano di questi casi. Punto.

Fare “come mi pare” in barba alle regole presenti so che può costarmi carissimo.

In Italia (ma non solo) questa cosa non c’è.
Io stesso, cittadino italiano nato e cresciuto qui, incensurato e con la fedina penale linda, se decido di delinquere in modo pesante –omicidio, stupro et similia- so benissimo che non marcirò in galera, che non avrò a che fare con una pena ai lavori forzati, che non rischierò punizioni corporali esemplari e non verrò giustiziato.
Se spacciassi droga, o rubassi, o rapinassi, comunque non rischierei una pena detentiva tale da farmi desistere solo all’idea.
Ma la cosa curiosa è che il nostro buffo sistema giudiziario non commina pene esemplari nemmeno ai recidivi, non solo a chi si affaccia per la prima volta all’atto criminale.

Queste cose, che sono sotto gli occhi di tutti, portano individui che realmente non hanno nulla da perdere a fare come caspita gli pare. Italiani e stranieri. Ma siccome è di questi ultimi che stiamo parlando è bene sottolineare la cosa.

Se entrano in questo paese e capiscono in fretta che andando contro la legge non finiranno in un carcere durissimo, il passo sarà breve. Perché il nostro paese, ad ampio spettro, è un esempio perfetto che delinquere si può e non si rischia poi molto.

Ma molti dicono: qui arrivano solo i delinquenti, per forza che va a finire così.
È un’idea ridicola e anche stupida.

“Gentaccia” che varca i confini per arrivare a noi ce n’è di sicuro, ma la maggior parte no e il contrario è tutto da provare.
Che, invece, arrivati qui vengano “intercettati” da organizzazioni criminali e portati a delinquere, questo è un dato di fatto. Ammesso dalle stesse istituzioni in più di una sede.
Il problema è come affrontare questa deriva.


E così, torniamo alla nostra Ferrara.

La Zona Gad (il Quartiere Giardino…) negli ultimi vent’anni si è trasformato in un ghetto che si sta ampliando sempre più. Coinvolgendo molte altre zone di una città che già non è enorme.
Prostitute, spacciatori e delinquenti ne avevamo anche prima, l’ho già fatto presente, ma adesso siamo arrivati a un punto che definirei di rottura. E non solo di scatole.

Per motivi che mi sono ignoti si è permesso che una parte della città diventasse territorio “a parte”.
Non puoi fare due passi, dopo l’imbrunire, e pensare che non accadrà nulla, perché il potenziale “potrebbe accadere” ti accompagna.
Certo, piccoli episodi, per ora, niente di eclatante come sparatorie e omicidi in serie, ma è sicuro che dobbiamo aspettare il fattaccio prima di muoverci?

Io sono contento quando so di stranieri che si sono integrati nel nostro sistema, ma sono quelli che non l’hanno fatto che mi preoccupano e non mi interessa che siano un quarto, la metà o di meno, perché il problema è che ci sono.
E la Legge, per ora, non fa nulla per dare al cittadino onesto (italiano o straniero) la giusta dose di sicurezza.

Per l’integrazione servono regole precise da insegnare da subito, non dopo. E l’integrazione dello straniero passa anche attraverso quello che facciamo noi autoctoni e quando noi contravveniamo alle regole e la Legge non ci bastona come si deve ci dobbiamo chiedere cosa può pensare lo straniero che avrebbe una mezza intenzione di delinquere (compreso quello che lo farà perché costretto, e sarà più sollevato).

In definitiva, quello a cui assistiamo è fondamentalmente colpa anche nostra.

La mia intolleranza esasperata è prima di tutto verso chi governa e legifera. Solo con leggi pesanti e repressive contro il crimine si può sperare di virare da una direzione assurda. Perché se chi delinque sa che pagherà carissimo quell’atto forse potrebbe ripensarci, ma almeno saremmo sicuri che il segnale è comunque arrivato.

Ben venga la diversità culturale, quindi, ma non quella che abbiamo oggi. E se le cose non cambieranno, e temo che sarà così, la deriva potrebbe essere tanto pesante da non poter valutare adesso le conseguenze.

C’è bisogno di regole. C’è bisogno di farle rispettare. Sempre.
C'è bisogno di strutture e leggi che aiutino e incentivino l'adattamento a un paese diverso. 

Però, abbiamo un problema:
se già lo Stato non si preoccupa come dovrebbe degli autoctoni, come possiamo sperare che lo faccia con gli altri?



Rolando Cimicchi