domenica 22 aprile 2018

La Responsabilità Dell'Indifferenza




Esistono responsabilità oggettive e responsabilità morali.

Noi, come abitanti del mondo occidentale (e intendo la gente, non chi comanda), non abbiamo responsabilità oggettive su ciò che accade nel resto del globo, ma quelle morali sì. O almeno, dovremmo provarne.

Gli ultimi anni ci hanno consegnato un panorama devastante in cui vivere e, nonostante tutto, siamo andati avanti e non ci siamo piegati. Dalla nostra parte abbiamo una Società che, per quanto discutibile, riesce ancora a proteggerci. Magari non del tutto, magari non quanto vorremmo, ma in buona sostanza fa la sua parte.

Altrove, a volte non troppo lontano e a volte moltissimo, accade di tutto: stragi, attentati, massacri, bombardamenti, guerre civili.

Quando alcune di queste cose accadono nel nostro mondo riusciamo a scatenarci in una indignazione frenetica, nella condanna senza appello e senza indulgenza, in un cordoglio enorme, ma quando il disastro colpisce altrove…spesso c’è il silenzio.
Una notizia qui, un accenno là e tanta, tantissima indifferenza.

È vero, noi abbiamo tanti problemi. E, come accade sempre all’essere umano, il proprio orticello è sempre più importante di quello degli altri. Vicini o meno che siano.

Ma quando osserviamo bene le nostre problematiche, scendendo in una analisi profonda e metodica, non possiamo non renderci conto che ciò che viviamo noi, qui, nei nostri Paesi, per quanto difficile è sicuramente un Paradiso confrontato con ciò che avviene altrove.

Basterebbe citare due nazioni e scorrere le notizie a esse correlate per capirlo: Siria e Afghanistan.

Ogni settimana, a volte persino ogni giorno, si leggono e si ascoltano rapporti relativi a morti, devastazioni, violenze di ogni tipo e genere.
Eppure, nonostante qualcuno provi a tenere alta l’attenzione, la cosa che più di ogni altra fa capolino in noi è l’indifferenza.

Lo capisco, certo, ma non lo condivido. Perché un pizzico di responsabilità morale per tutta questa noncuranza dovremmo provarla, di tanto in tanto. Dovremmo sentire almeno un po’ di dolore per tanta, tantissima gente, che si trova in quelle situazioni.

Ovvio, ciò non porterebbe alcun beneficio fisico a nessuno, ma potrebbe risvegliare le nostre coscienze costantemente immerse in un torpore innaturale, che finisce per inaridirci oltre il consentito. E, magari, portarci a riflettere a come ci sentiremmo, noi, in situazioni analoghe.

Ci sentiremmo dimenticati.

Alla frase «Ma loro farebbero lo stesso per noi?» rispondo prontamente: è importante?
Questa non è una gara e non si vince niente.

L’unica vittoria sarebbe quella di diventare migliori di quello che siamo: un po’ alla volta, anche uno solo alla volta. Sarebbe l’inizio di qualcosa di meglio.

Perché i morti ammazzati non hanno una bandiera, un colore politico, una religione. Sono morti ammazzati e basta.
I nostri, e anche i loro.

Oggi, a Kabul, sono morte circa 34 persone in un attentato.
Persone, non afghani.


Buona domenica.