Esistono responsabilità
oggettive e responsabilità morali.
Noi, come abitanti del mondo occidentale (e intendo la gente,
non chi comanda), non abbiamo responsabilità oggettive su ciò che accade nel
resto del globo, ma quelle morali sì. O almeno, dovremmo provarne.
Gli ultimi anni ci hanno
consegnato un panorama devastante in cui vivere e, nonostante tutto, siamo
andati avanti e non ci siamo piegati. Dalla nostra parte abbiamo una Società
che, per quanto discutibile, riesce ancora a proteggerci. Magari non del tutto,
magari non quanto vorremmo, ma in buona sostanza fa la sua parte.
Altrove, a volte non troppo lontano e a volte moltissimo, accade di tutto: stragi, attentati, massacri, bombardamenti, guerre civili.
Quando alcune di queste cose
accadono nel nostro mondo riusciamo a
scatenarci in una indignazione frenetica, nella condanna senza appello e senza
indulgenza, in un cordoglio enorme, ma quando il disastro colpisce altrove…spesso
c’è il silenzio.
Una notizia qui, un accenno
là e tanta, tantissima indifferenza.
È vero, noi abbiamo tanti
problemi. E, come accade sempre all’essere umano, il proprio orticello è sempre
più importante di quello degli altri. Vicini o meno che siano.
Ma quando osserviamo bene le
nostre problematiche, scendendo in una analisi profonda e metodica, non
possiamo non renderci conto che ciò che viviamo noi, qui, nei nostri Paesi, per
quanto difficile è sicuramente un Paradiso confrontato con ciò che avviene
altrove.
Basterebbe citare due nazioni
e scorrere le notizie a esse correlate per capirlo: Siria e Afghanistan.
Ogni settimana, a volte
persino ogni giorno, si leggono e si ascoltano rapporti relativi a morti, devastazioni,
violenze di ogni tipo e genere.
Eppure, nonostante qualcuno
provi a tenere alta l’attenzione, la cosa che più di ogni altra fa capolino in
noi è l’indifferenza.
Lo capisco, certo, ma non lo
condivido. Perché un pizzico di responsabilità morale per tutta questa
noncuranza dovremmo provarla, di tanto in tanto. Dovremmo sentire almeno un po’
di dolore per tanta, tantissima gente, che si trova in quelle situazioni.
Ovvio, ciò non porterebbe
alcun beneficio fisico a nessuno, ma potrebbe risvegliare le nostre coscienze
costantemente immerse in un torpore innaturale, che finisce per inaridirci
oltre il consentito. E, magari, portarci a riflettere a come ci sentiremmo,
noi, in situazioni analoghe.
Ci sentiremmo dimenticati.
Alla frase «Ma loro
farebbero lo stesso per noi?» rispondo prontamente: è importante?
Questa
non è una gara e non si vince niente.
L’unica
vittoria sarebbe quella di diventare migliori di quello che siamo: un po’ alla
volta, anche uno solo alla volta. Sarebbe l’inizio di qualcosa di meglio.
Perché
i morti ammazzati non hanno una bandiera, un colore politico, una religione. Sono
morti ammazzati e basta.
I
nostri, e anche i loro.
Oggi,
a Kabul, sono morte circa 34 persone in un attentato.
Persone,
non afghani.Buona domenica.