Questo articolo l'ho pubblicato la prima volta
il 18 marzo 2016 su www.hackthematrix.it
e successivamente il 20 marzo 2016 su www.simonezagagnoni.it
Ho deciso di riproporlo (con qualche piccola revisione) perché credo
che le Cronache Dall'Assurdo della nostra città siano diverse e variegate,
e vale la pena dare uno sguardo in giro,
senza farsi mancare niente.
Leggerlo richiederà una decina di minuti...e se proprio non vi farà saltare sulla sedia dall'incazzatura, forse riuscirà a strapparvi persino una risata. Amarognola, certo...
PRONTI?
Premessa.
Cosa non va nel Bel Paese? Parecchie cose.
Tra le tante che funzionano a singhiozzo, o
addirittura funzionano male, c’è la Sanità Pubblica.
Se da una parte abbiamo una percentuale altissima di
personale qualificato e di enorme competenza, dall’altra paghiamo lo scotto con
una burocrazia farraginosa, fatta di regole spesso al limite dell’assurdo
(basta pensare ai tempi di attesa per visite o esami diagnostici) e parecchie
strutture vecchie, decadenti, inadeguate o nuove ma dalle curiose logiche
progettuali.
Tanto per cominciare, e sicuro di andarmi a gettare in
un ginepraio, voglio parlare proprio di una di queste ultime: il nuovo polo
ospedaliero Sant’Anna di Cona (frazione di Ferrara).
I numeri e le informazioni di questo
articolo sono andato a cercarmele in rete (fonti Il Fatto Quotidiano, La Nuova
Ferrara, Estense.com. Wikipedia, ospfe.it e altri). Se volete fare lo stesso e
verificare quanto leggerete in seguito, prego, ne sarò ben contento. Voi un po’
meno.
Per realizzare quest’immensità quantomeno bizzarra,
soprattutto per la logistica interna, sono serviti ventuno anni (21). Roba da
matti se consideriamo le attuali tecniche di costruzione e la tecnologia di cui
disponiamo.
E poi c’è il denaro speso: cinquecento milioni di Euro
(500 000 000).
Probabilmente ne servono meno per andare su Marte e
tornare in tempo per la cena…
Nota: alcune fonti giornalistiche dicono che la spesa
è risultata quasi decuplicata rispetto ai preventivi originali per via delle
lungaggini burocratiche, dei processi e di tante altre cose, ma tralasciamo per
amor di decenza di elencare le vicende legate agli appalti truccati, alle
truffe, alle bustarelle, alle indagini su “chi ha fregato chi, dove, come e chi
ha omesso cosa”, senza contare gli abusi d’ufficio e chissà cos’altro, ma
concentriamoci sull’utilità della struttura e della sua dislocazione rispetto
alla città.
Nelle foto una porzione degli ingressi e del viale
davanti all’ospedale.
Dove si trova e come raggiungerlo.
L’Ospedale di Cona è raggiungibile, dalla città, in auto dalla via Comacchio, dalla via Pomposa (di seguito via Palmirano) e dalla superstrada Ferrara-Mare. In chilometraggio, facendo una media tra le scelte possibili, si tratta di circa 7/10 km, ma considerando il traffico che una piccola città come Ferrara è capace di mettere su strada, per raggiungerlo in parecchi orari “topici” ti servono non meno di venti minuti.
Se stai male o hai una emergenza fai in tempo a tirare
le cuoia;
se devi andare a trovare un parente, è meglio se parti
con mezz’ora abbondante di anticipo; se si verifica qualche tipo di evento meteorologico appena sopra la media (tipo un bel temporale) puoi star sicuro che ti serviranno trenta minuti di bestemmie e insulti.
Sì, certo, puoi darti una mossa in macchina, ma con la
pioggia se sulla superstrada rischi di sbriciolare il semi asse o di volare
fuori carreggiata grazie a una asfaltatura indegna, sulle due vie sopracitate
la viabilità a due corsie ti costringe a non superare i 40 km/h, bene che vada.
(Fonte - Comune di Ferrara)
Per non parlare dei mezzi pubblici: in autobus è un
vero girone dantesco, in termini di tempo, senza contare che oltre un certo
orario serale (circa le 21,30) non c’è modo di tornare a casa: o dormi lì, o te
la fai a piedi oppure ti affidi a un taxi.
Nota: il costo di una corsa in taxi da e per
l’ospedale non ti costa meno di 20 Euro (te lo spacciano per 18 Euro sul sito www.ospfe.it,
ma è una cazzata e io l’ho verificato e comunque, se permettete, andare e
tornare per 36/40 Euro è un autentico furto).
Poi c’è il treno o, com’era stata chiamata, la
Metropolitana di Superficie.
Io non ho ancora verificato personalmente, ma ad oggi,
e seguendo le informazioni date anche dai quotidiani, questa linea ferroviaria
sarebbe ancora un fantasma.
Quindi, considerando la dislocazione del vecchio
ospedale (in piena città), la logica di questo spostamento del blocco
ospedaliero sfugge alla mente di chiunque. Non compresi quelli che qualcosa ci
devono aver guadagnato, chiaro no?
Vogliamo parlare delle ambulanze? Quando devono
correre perché in stato di emergenza e sono costrette a percorrere la via
Comacchio o la via Pomposa possono suonare le sirene quanto vogliono, ma il
traffico delle auto non si può far sparire improvvisamente e io ho visto di
persona le manovre in pieno stile hollywoodiano degli autisti del 118 e anche
di altri, come me, che cercavano di “togliersi dalle balle”, per dirla con un
francesismo.
Pertanto, anche per questo risulta ovvio che la scelta
di spostare l’ospedale fuori dalla città, con queste vie di accesso, non è
stata tra le più sensate che le amministrazioni ferraresi abbiano preso.
I posti letto e lo spazio “a perdere”.
Altro aspetto al limite dell’assurdo è la capacità di accoglienza riservata ai degenti.
(Fonte - Comune di Ferrara)
Vista dall'alto del "vecchio" Arcispedale Sant'Anna
di Ferrara.
Tra il “vecchio” e il “nuovo” ospedale c’è una
differenza di circa cinquecento (500) posti letto. Un paradosso se si pensa
alla grandezza del nuovo polo ospedaliero: il vecchio S.Anna possedeva circa
milletrecento (1300) posti, mentre il nuovo supera di poco le settecento (700)
unità.
Considerando la cifra pantagruelica spesa per realizzarlo
(500 milioni di euro, ribadisco), non serve un fenomeno per capire che con la
metà secca si poteva ristrutturare il vecchio ospedale rendendolo un gioiello
vivibile, organizzato e super-tecnologico. Con quali strumenti mi permetto una
simile affermazione? Con quelli del buon senso, mi sembra lapalissiano.
Innanzitutto c’è il discorso delle dimensioni.
L’ospedale di Cona è qualcosa di mostruoso. Salta all’occhio immediatamente l’immensità degli spazi interni completamente inutilizzati.
A che pro avere circa 500 posti letto in meno a fronte di un’area (ingresso 1) enorme senza nessuna, e sottolineo nessuna, ovvia utilità? È un ospedale o un centro benessere?
Nelle foto una porzione dell'ingresso 1.
La struttura futuristica visibile nella foto di sinistra
è l’area ristoro.
Qualcuno potrà dire che il vecchio e obsoleto S.Anna
aveva corridoi stretti, molti reparti piccoli e stanzoni immensi a sei o otto
letti, ma se il cambio doveva avvenire per ottenere corridoi immensi, aree
interne giganti e senza scopo, strutture di collegamento (snodi) grandi come
miniappartamenti per una riduzione astronomica di posti per i degenti…dov’è il
senso?
Certo, bello è bello, anzi, bellissimo, ma la
funzionalità e la logica di realizzazione dove sono?
Nella porzione di foto a sinistra una delle tantissime aree senza
nessuna funzione.
Notare la grandezza dell’estintore per avere un’idea delle
dimensioni.
Nella porzione di foto a destra una delle tantissime “piazze”
interne: incroci tra corridoi e reparti.
Più ci si aggira tra le aree di questa
mega-costruzione più si ha l’impressione che forse dovesse solamente soddisfare
l’ego represso di chi l’ha progettata perché, di fatto, tutto manca di senso
pratico.
Nella logica commerciale del nostro bel mondo schiavizzato
dal capitalistico principio per cui ci devi sempre e solo guadagnare, le città
sono state trasformate in alveari di mono e bi locali, mini appartamenti, mono
stanze soppalcate.
Tutto per ottimizzare spazi, infilarci più gente e
avere maggiori introiti.
Per l’ospedale di Cona si è usato il metro opposto.
La struttura non è solo dispersiva, ma assurda. Lo
sfruttamento dello spazio necessario è completamente perso nel nulla.
Un esempio: il reparto degenze della Medicina Interna
Universitaria consta di 23 camere a due letti, per un totale di 46 posti.
Attorno a questo reparto c’è talmente tanto spazio inutile che la mia mente
scevra da ogni tipo di studio progettuale ha subito dedotto che potevano starci
tranquillamente almeno altre cinque o sei stanze, senza rendere l’area
claustrofobica per degenti e parenti. Sono un fenomeno io oppure ho
completamente travisato l’idea alla base di questa progettazione?
Attendo suggerimenti.
La segnaletica interna.
Ci sono due ingressi principali. Uno, come ho detto,
che sembra quello di un centro benessere di lusso, l’altro, invece, dà
l’impressione di essere stato pensato in un secondo momento, quando i soldini
ormai erano finiti: di dimensioni umane, spoglio e privo di vivaci picchi
architettonici futuristici.
Da entrambi gli ingressi, per dirigersi in qualsiasi
punto dell’ospedale, ci si deve affidare a un tipo di segnaletica che ti
aspetti di trovare al Cern di Ginevra o al Kennedy Space Center (o in una base
spaziale cinematografica).
(Fonte – La Nuova Ferrara) Visitatori davanti al
pannello dell’Ingresso 2.
Stanno leggendo l’elenco dei reparti e corrispondente dislocazione con
codice. Altre indicazioni? No.
codice. Altre indicazioni? No.
Ogni reparto e servizio è identificato da un codice composto da numero-lettera-numero (settore-corpo-piano).
Hai a disposizione scale e ascensori che, però, se non
stai molto attento, ti fanno percorrere centinaia di metri inutilmente.
E c’è anche da considerare che diversi ascensori del
primo piano, in alcuni settori, non ti portano a piano terra.
La domanda sorge ovvia: non c’era proprio nessun altro
modo di organizzare la segnaletica così che non fosse necessario studiarsi
prima la planimetria?
Dico, avete presente la percentuale di anziani sul
territorio? Ora, immaginatevi questi poveri malcapitati girare come anime perse
alla ricerca di quel reparto o di quell’ambulatorio.
«È una questione di comodità e con un po’ di pratica
ci si orienta benissimo». Sostiene una burlona che lavora nell’azienda.
Comodità per chi? E poi, pratica? Ma non è che uno ci debba stare per forza
qualche settimana per imparare a girare la struttura! Personalmente se non vado
all’ospedale sono ben contento! Cos’è, dobbiamo organizzare dei tour
informativi?
La questione della segnaletica è stata per me una vera
e propria sorpresa. Negativa. La prima volta che sono entrato mi sono sentito
dentro a un film di fantascienza.
Abituato da sempre, purtroppo, a girar per ospedali
(non solo Ferrara, ma Bologna, Catania, Aosta, Milano, Torino e relative
strutture nelle province) ero ancorato al concetto di segnaletica interna
classica: ingresso con pannelli a muro dove si indicavano i reparti disposti
per i piani e relative frecce di indicazione; corridoi con pannelli informativi
e segnalazioni dei distinti reparti bene in vista.
A Cona? Neanche a parlarne. Numero-lettera-numero e
buona fortuna.
Qualche cittadino l'ha presa con ironia...
Sia al giga-mega ingresso 1 che allo “spartano” ingresso 2 ci sono cartelloni a muro con gli elenchi di tutti i reparti (no, tutti no. Manca quella dell’oculistica ambulatoriale del 3C0… [almeno così era fino al 2016, ndr]) e relativi codici.
Ma, sorpresa! Mancano le indicazioni degli Snodi! Eh
già, ci sono anche gli Snodi. Cosa sono? Bella domanda. Me l’ero posta anche
io.
Gli Snodi sono quelle aree enormi di cui parlavo prima
dove, se non sai esattamente dove andare, ti perdi nel nulla. Collegano
corridoi ad altri corridoi, per andare da un reparto all’altro, senza che
esista un sistema di orientamento che dia senso a questa parola (orientamento,
of course).
Nelle due foto accorpate...
Spazi, spazi e ancora spazi.
Senza logica pratica.
Immensi corridoi, snodi, piazzole.
I servizi e il personale.
Esempio di personale in servizio.
(Fonte - www.ferrara24ore.it del 9/2/12)
Funziona qualcosa in quest’ospedale? Sì,
fortunatamente sì. Anzi, possiamo dire che è proprio questo il punto di merito,
ma è dovuto al personale, non alla struttura.
La burocrazia ospedaliera è come sempre spinosa e
invereconda, ma questo non dipende dal personale amministrativo e medico, ma
dalla solita logica non sense tipica della nostra penisola.
Quando ci si reca alle accettazioni dei vari reparti e
ambulatori non è colpa del personale se mancano le strutture per evitare le
file interminabili (avete presente i numerini che si strappano dalle apposite
colonnine? Ecco, cercatele…non ci sono ovunque), così come non si possono
addebitare agli operatori le mancanze dovute al non aggiornamento di alcune
pratiche.
Si arriva con una domanda “non prevista” e si deve
attendere che chi si trova dietro al banco riesca a trovare la risposta giusta
sul terminale. Però, nella maggior parte dei casi, ce la fanno e riescono a
dare risposte e portare a compimento il servizio all’utente.
Come ho detto, i servizi ci sono. Non sono
rapidissimi, certo, ma ci sono. E se non sono veloci il motivo è da ricercare
nella mancanza di personale, non nell’incapacità dello stesso.
Del resto i tagli alla Sanità sono continui e non è difficile ascoltare lamentele da parte di medici, infermieri, operatori socio sanitari che fanno turni massacranti perché «siamo solo noi».
Io ho toccato con mano la professionalità di queste
persone. Nei reparti, negli ambulatori. La cosa che più mi ha colpito è stata
l’assistenza che non fanno mai mancare agli utenti e ai degenti. E quando
qualcosa non va nel verso giusto e ci si lamenta, loro cercano di riparare
senza battere ciglio.
Certo, potrà capitare che qualche medico, infermiere,
OSS non sia abbastanza cortese o disponibile, ma se succede si tratta comunque
di rare eccezioni.
In altre strutture della città ho riscontrato una
professionalità molto più scarsa quindi, se devo dire che qualcosa funziona in
questo labirinto di cemento e cartongesso, quello è il personale.
Il pronto soccorso.
(Fonte – La Nuova Ferrara)
Una porzione delle sale di attesa del Pronto Soccorso.
Il servizio del 118, ammettiamolo, fa i miracoli con
niente.
Come in ogni maledetto ospedale d’Italia (se avete
notizie diverse aspetto di sentirle) le attese al Pronto Soccorso sono
lunghissime.
Cona, purtroppo, si fa carico di un territorio
vastissimo e pur avendo distribuito in città delle zone di Pronto Intervento
(per non far partire tutte le ambulanze dall’ospedale) ancora una volta paga lo
scotto dei tagli alla Sanità.
Quando si arriva viene applicato un codice-colore
relativo all’urgenza e ci si mette l’animo in pace: se sei un codice verde
aspetti, bene che vada, non meno di quattro/cinque ore.
Ho avuto la sfortuna di andarci più volte in un mese e
ho visto quasi sempre le stesse facce: operatori, infermieri, medici. Sono
pochi e i tempi si allungano a dismisura in giornate topiche (che non sono
poche) quando il Pronto Soccorso è pieno fino all’inverosimile.
E mi ripeto: questa gente va ringraziata e encomiata
per l’assistenza che dà continuamente. Non possono essere in tre posti diversi
contemporaneamente, ma arrivano appena possono.
Altro discorso vale per gli ambulatori di visita. Mi è
capitato di essere lì in una giornata dove c’era realmente “l’inferno”: pieno
di gente e ambulanze che andavano e venivano di continuo. E gli ambulatori
disponibili erano soltanto due. Cosa si può pretendere? La colpa non è loro, ma
di chi toglie stanziamenti (il governo e le amministrazioni comunali e
regionali).
Nota di aggiornamento: l’ultimo fenomeno che sta colpendo il
Pronto Soccorso di Cona è quello dei senzatetto che vanno a rifugiarsi lì per
la notte.
Un discorso a parte che affronterò in un altro articolo.
Un discorso a parte che affronterò in un altro articolo.
I parcheggi.
Questa è una nota dolente quanto un dente cariato.
Il fenomeno che ha progettato l’area parcheggi non ha
considerato la miriade di persone che si riversano qui, soprattutto al mattino
e nel primo pomeriggio.
Parenti dei degenti, utenti per visite ed esami,
personale.
Ci sono momenti in cui si notano auto parcheggiate
persino in prossimità delle rotonde, fuori dalle aree adibite alle auto.
Sì, certo, il parcheggio è gratuito per ora (e non lo sarà ancora per molto, ndr).
In più, ma ormai lo avete capito che la parola
“logica” non si può applicare a questa struttura, c’è da dire che la
segnaletica e la viabilità per e nei parcheggi è assolutamente Senza Senso.
Provare per credere.Conclusione.
Vi ho fatto un quadro snello e rapido (credetemi sulla parola, ce ne sarebbe da scrivere per un libro intero) delle problematiche legate al nuovo polo ospedaliero di Ferrara.
Non mi sono soffermato sulle carenze strutturali e
tecniche presenti e che sono ancora oggetto di discussione, senza contare (come
detto all’inizio) tutte le vicende legali sorte durante e dopo l’avvio
operativo della struttura.
Rimane il fatto, incontrovertibile, che questo
progetto ha delle falle immense.
Chi lo ha progettato aveva le pigne nel cervello, poco
ma sicuro, e chi lo ha pensato dovrebbe essere portato davanti a una
commissione di cittadini per spiegare il motivo che ha spinto a non considerare
di rimettere a nuovo il vecchio e caro ospedale di Corso Giovecca.
Ribadisco: secondo me si poteva ristrutturare con la
metà della cifra spesa per quello di Cona, con buona pace dei Super Esperti Del
Settore (abbiamo visto…).
Ora, però, ce lo dobbiamo tenere e ce lo dobbiamo pure
far piacere.
Che spettacolo…Rolando Cimicchi
Nessun commento:
Posta un commento