domenica 15 novembre 2015

La Terra Dell'Uomo

Accarezzo la robusta corda
che mi fissa con il suo cappio,
pronto e gelido.
Tutt’intorno una massa silente
che altro non attende
se non l’esecuzione.

 Il boia non c’è, il boia sono io.
Ed io il condannato...

Giudici e giurie grigie hanno sentenziato
ma poltrone e piazze non si sporcano le mani.
Alla fin fine questo è vivere
nella terra dell’uomo.
Pagare l’inadeguatezza.
Pagare la diversità.
Il prezzo è alto,
alto come il corpo che penzolerà inerte
alto come il brusio della folla cieca.
Incurante di chi si troverà appeso domani.
Incurante di chi ci si trova ora.
Morte è spettacolo
nella terra dell’uomo.
Si scuote il cappio sotto i colpi del vento.
Un ultimo movimento solitario
prima della danza.

 Il boia non c’è, il boia sono io.
Ed io il condannato.

 Poi saranno fremiti di folla goduriosa
e tra la folla qualcuno sentirà [vicino]
il tormento del prossimo venuto.
Stringe la corda
ed io sollevo gli occhi:
in alto un uccello vola.
Inconsapevole bestiola fortunata,
male che vada vittima d’un fucile
ma mai d’un suo simile.

Tira la corda.
Stringe e non molla.
Io odo solo l’ultimo silenzio,
fetido e falso,
della terra dell’uomo.

mercoledì 4 novembre 2015

La Colpa


La colpa non la vuole nessuno.

La colpa è una parola che si tende a scaricare sempre su altri, o su altro, anche a costo di diventare irragionevoli e illogici.
Ci si è sentiti dire spesso, durante gli anni della crescita, che si deve essere responsabili delle proprie azioni; lo hanno fatto i genitori, i nonni, i fratelli e le sorelle più grandi, ma anche gli insegnanti, a scuola. Anche in età adulta abbiamo sentito parlare del senso di responsabilità. Dai nostri superiori, ad esempio, o dai datori di lavoro. Nonostante le due parole possano essere legate tra loro (c’è vicinanza tra le frasi essere colpevoli di qualcosa  e  essere responsabili di qualcosa), è proprio la parola Colpa che fa mettere le mani avanti.  

Arrivati all’anno di grazia 2015 ne abbiamo viste di tutti i colori, da tutte le parti e senza escludere niente e nessuno; il perfido gioco dello scaricabarile è diventato una norma, anziché un’eccezione. Non solo, ma abbiamo perso (noi popolo) completamente il lume della ragione, andando a cercare responsabili/colpevoli ovunque, senza nemmeno tentare di comprendere come e perché certe cose siano accadute e per reale (lapalissiana, direi) responsabilità di chi.
Come siamo diventati così ottusi? Questa è una gran bella domanda.
Ne avrei un’altra: eravamo dei fenomeni fino a qualche tempo fa o più semplicemente siamo solo peggiorati?
Mi piacerebbe sapere la vostra opinione.

Nel frattempo, occupiamoci di qualche esempio chiarificatore e facciamolo puntando il dito su alcune cose di estrema attualità.  

Oggi la situazione politica italiana è indefinibile.
Il dopo-Berlusconi è stato un trotterellare senza senso tra presunti esperti economisti salva tutto, elezioni senza risultato e successivi balbettii di figure da operetta messe sullo scranno più alto senza che si sia giunti ad uno straccio di miglioramento. Anzi, è vero il contrario. Riavvolgendo il nastro ci si accorge che la destra dava la colpa alla sinistra e viceversa.

Ogni volta che un’elezione dava un risultato, l’eletto di turno tuonava contro il precedente governo per la situazione che si era trovato in mano. Così, quando il governo cadeva, o giungeva al termine della legislatura, si ritornava alle urne con le solite promesse. Le stesse che ascoltiamo oggi. Contro chi tuona Renzi? E Letta, Bersani, Monti, Berlusconi, Prodi con chi se la prendevano? Ma con chi c’era prima, ovvio.
Purtroppo, chi c’era prima era parte dello stesso sistema scriteriato che il cittadino ha sempre accettato con il suo assenso. È possibile, quindi, che noi-popolo si sia corresponsabili di questa situazione grottesca e drammatica?  

Oggi sembra che la colpa sia solo del Pd (che non saprei se definire sinistra o destra, onestamente) e pare che tutti quanti abbiamo dimenticato che in Parlamento siedono gli stessi che erano presenti anche prima della situazione attuale. Il Pd è diventato il Demonio nella stessa misura in cui prima lo era soltanto Berlusconi.
Siamo noi ad avere la memoria corta? Non possiamo aver dimenticato che non esiste partito, in Parlamento, che non abbia avuto (o abbia) corrotti, collusi, indagati e condannati. Certo, abbiamo il Movimento 5 Stelle.

Una ventata di aria fresca, almeno nelle facce e nella fedina penale (per ora), ma prima di farmi una vera opinione vorrei che gli fosse data la possibilità di governare. Il che significa che, ancora una volta, la palla passa a Noi. Non ci piace, ma è così. Ma se si salva solo questo partito, per quale motivo sono in tanti a prestare ancora ascolto a tutta quella masnada di furfanti che occupano il resto del Palazzo? Abbiamo rimosso dalla memoria le Leggi Ad Personam, le promesse sempre disattese su pensioni, lavoro, economia, la imperdibile ignominia dell’entrata nell’Euro senza un referendum; non c’è stato un solo governo che non abbia tirato l’acqua al proprio mulino e riempito le proprie tasche e ancora abbiamo il coraggio (e la sventatezza) di dire che alle prossime elezioni voteremo Pd, Forza Italia, Lega Nord e altro ciarpame.

Diamo la colpa a tutti, continuiamo a votare gli stessi figuri e alla fine ci lamentiamo perché siamo in balia di questo sistema. La colpa di chi è? Vi siete mai domandati perché e come siamo arrivati alla situazione attuale? Non c’è stato nessun colpo di stato, nessuna forzatura anticostituzionale. Semplicemente, il popolo ha permesso (con il silenzio-assenso) che un governo dopo l’altro facesse tutto quel era necessario per arricchire un’unica casta, rendendola quasi inattaccabile. La loro. E quando sono state approvate leggi che evidentemente andavano contro la logica, il cittadino (noi) si è solo lamentato, ma senza insorgere.    

Passiamo ad altro. Un argomento molto delicato. L’immigrazione.
Qui assistiamo quasi a un plebiscito.
È altissima la percentuale di italiani che vede gli immigrati come un problema da sradicare.
Se abbiamo carenza di lavoro è colpa degli stranieri che ce lo portano via.
Se abbiamo criminalità in crescita è colpa degli stranieri.
Se abbiamo più tasse è colpa degli stranieri.
E via dicendo.

Gli stranieri sono IL problema. La Colpa è tutta loro. E se non fosse così? Se invece la causa di tanti problemi fosse da un’altra parte?

Nello specifico: si evidenziano di continuo le note negative legate agli immigrati, ma quasi mai le cose positive. Sarebbe come dire che, dal momento che l’Italia è la culla di Mafia, N’drangheta e Camorra, allora tutti gli italiani sono dei criminali. È un concetto che non sta in piedi.
Il vero problema legato agli immigrati è da cercare più in alto. Noi tendiamo a vedere la colpa nell’effetto, non nella causa.  

Si riversano in Italia (e in Europa) migliaia di persone dalle zone più disagiate dell’Africa e dell’Asia perché gli viene permesso di farlo. E questo non avviene da qualche mese, ma da sempre. Una vera regolamentazione  non c’è mai stata. Un vero controllo non si è mai effettuato. Si è solo tentato di arginare il problema e regolare alla meglio una situazione  insostenibile in partenza.  

Vi siete mai chiesti perché esiste il Terzo Mondo?
E chi lo ha creato? O è sempre stato lì, ma lo scopriamo adesso?

Il termine è entrato a far parte del linguaggio politico nel 1955, nella conferenza di Bandung, per poter distinguere i paesi in via di sviluppo che non facevano parte di quelli ad economia di mercato e di quelli ad economia centralizzata. Quelli capitalisti e quelli comunisti, Patto Atlantico e annessi e Patto di Varsavia, ad essere concisi.
Ma il termine “in via di sviluppo” era obsoleto già allora.

Oggi siamo arrivati ad avere una nuova classificazione: il Quarto Mondo. I paesi più poveri della Terra, dove istruzione, speranza di vita alla nascita, reddito procapite sono da considerare ridicoli.
La cosa che sfugge a molti è che tutti questi paesi sono stati, in passato, delle colonie. L’Europa, in particolare, ha tiranneggiato in lungo e in largo.
Gli Stati Uniti d’America, anch’essi nati come colonia, non solo hanno sterminato i popoli che abitavano le terre da loro occupate, ma hanno importato schiavi dall’Africa senza riserve (o pensate che le popolazioni nere d’America siano autoctone?).  

Ora, dopo essere stati dominati, schiavizzati, sfruttati, dissanguati in ogni senso, questi popoli ancora non hanno alzato la testa dal fango.
A parte quelle colonie asiatiche divenute potenze, come l’India ad esempio (il cui cittadino medio non è comunque economicamente all’altezza di un europeo), la quasi totalità degli Stati africani vive in uno stato di povertà, con governi dittatoriali armati dai paesi ricchi, multinazionali che ne depredano ancora le risorse ed emergenze umanitarie all’ordine del giorno.

Gli stati del medio oriente sono in continua lotta. Uno contro l’altro, tutti contro tutti. Una guerra oggi, una domani e i popoli in mezzo, a subire le conseguenze di regnanti dissennati.

Poi la questione palestinese e lo spauracchio israeliano che minaccia chiunque abbia qualcosa da ridire (curioso, uno stato che non dovrebbe esistere è uno dei più ricchi del mondo, nonché potenza nucleare).

Così, in questa situazione da orrore vero, arriviamo alle migrazioni.

Spinto dal desiderio di fuggire dalla miseria, dalle guerre, dalle malattie, dalla carestia, dalla schiavitù, un intero mondo si muove lentamente verso il Primo Mondo. Il nostro.

Questa gente porta tragedie nelle proprie valige. Certo, molti non sono santi e a causa di queste mele marce noi facciamo di tutta un’erba un fascio e li giudichiamo. Diamo la colpa a loro, come se fosse veramente loro la responsabilità del mondo in cui sono nati. Invece la colpa è nostra. Del comportamento dei nostri Stati e che noi abbiamo sempre evitato di giudicare veramente. Giudichiamo questa massa che arriva. I negri, li chiamiamo.

Qualcuno ha detto che dovremmo aiutarli a casa loro. Curioso, a casa loro noi portiamo armi e prendiamo petrolio, oro e altre cose che ci servono.  
Allora, di chi è la colpa?

Ci lamentiamo che alcuni di loro siano dei violenti e dei criminali e io vi do ragione. Ma andate a cercare notizie su cosa ha fatto il buon uomo bianco da quelle parti e poi ditemi chi ha cominciato.
Il gioco di “chi ha iniziato a fare che cosa” può essere illuminante per capire perché un certo tipo di effetti si sono manifestati.    


  La colpa è una brutta bestia.
Come dice il vecchio adagio: è come i debiti, non la vuole nessuno.
Però, è chiaro, da qualche parte il colpevole esiste.
Perché, che piaccia oppure no: nulla accade senza una ragione; se si manifesta un problema significa che qualcosa lo ha provocato.
Queste due frasi sono di una banalità sconcertante, eppure le applichiamo soltanto a ciò che ci fa comodo, invece di farlo con tutto.

Mi fermerò qui con gli esempi (che rimangono tali e scelti proprio perché di attualità) , però mi piacerebbe che passasse un desiderio di riflessione dopo aver letto queste righe.
Vorrei che si smettesse di puntare il dito su qualcuno o qualcosa senza aver prima soppesato le reali dinamiche che hanno portato all’effetto.

Cerchiamo le cause, prima di lanciare invettive e ponderiamo su quanto noi stessi, nel nostro piccolo, possiamo essere responsabili di qualcosa.  

Esistono infinite variabili da considerare, quante sono le infinite potenzialità dell’essere umano.
Non è mai tempo sprecato quello passato a riflettere prima di giudicare, perché nel mondo in cui viviamo emettere una sentenza sommaria, o “di pancia” se preferite, è diventata una pratica abituale.
Che vi piaccia oppure no, è sbagliato.

È estremamente liberatorio ammettere di aver commesso un errore, di qualsiasi tipo. Ed è nella nostra facoltà di esseri intelligenti poter tornare sui nostri passi e correggere il tiro, quando comprendiamo di aver puntato il dito sulla parte sbagliata.  

La Colpa non è un tumore maligno, non è un virus mortale. Può averla ognuno di noi senza dover morire.
Ma non è nemmeno qualcosa che puoi scagliare a piacimento, senza pensare.  

La Colpa esiste.
Prendiamoci tutti le nostre responsabilità prima di emettere sentenze.

martedì 6 ottobre 2015

PAROLE AL VENTO E IL BENEFICIO DEL DUBBIO

Sono stanco di leggere (e ascoltare) le solite cose.
Ovunque vai c’è gente che spara a zero su questo e su quello, che ne sa più di altri, che è sicura che una parte sia il bene e l’altra il male.
Sarebbe bene iniziare ad informarsi prima di sputare sentenze.
Se nel privato tutto ciò è detestabile, nel pubblico, e più in generale per ciò che riguarda il mondo, è addirittura intollerabile.
Che l’animale-uomo sia preda della cattiva abitudine di parlare a vanvera, è cosa nota, ma mai come negli ultimi anni ho assistito a carrellate di stronzate uscite dalla bocca (e dalla penna) di tantissima gente. Persone comuni, come me, e di “alto profilo”, tipo giornalisti, politici e altre categorie.

Sicuramente il web ha permesso a chiunque di improvvisarsi esperto e opinionista di ogni sorta di argomento e questo non ha giovato alla qualità delle argomentazioni. Se ai tanti che già peccano di saccenteria senza avere né arte né parte aggiungiamo pure quelli da cui ci aspetteremmo un minimo di riflessione prima di parlare, che puntualmente non avviene, la cosa diventa esasperante.

Tra le varie correnti d’informazione ormai cavalcate senza ritegno c’è quella del sensazionalismo dirompente. Non è importante l’argomento in sé, ma come sei capace di renderlo accattivante, soprattutto con un titolo fuorviante.
Beppe Grillo, che un tempo stimavo e che adesso mi ha decisamente stancato, ha fatto di questo una regola.
“Siamo in guerra!”
“Tutti a casa!”
“La fine dell’Euro!”
Titoli così (che sono solo un esempio fatto da me, ma andate a controllare il suo blog e ne troverete a camionate di simili) catturano l’attenzione di chi passa per la rete e, onestamente, gli fa anche prendere un colpo.
Per dire: oggi appare sulla pagina facebook di Grillo questo titolo “L’Italia in guerra”.
Pare infatti che il nostro paese parteciperà alle azioni militari in medio oriente con i propri caccia bombardieri.
Non è la prima volta, non sarà nemmeno l’ultima.
Se volete dare un’occhiata alle operazioni internazionali in cui l’Italia è coinvolta ora vi invito a dare un’occhiata qui
Senza dubbio troverete scritto che si tratta di missioni di Peace Keeping, ma trattandosi di militari e non di infermiere, potremo chiamarle in altro modo. Fate voi.
Ma il titolo “L’Italia in guerra” è chiaramente esagerato e, soprattutto, non tiene conto del fatto che in guerra ci siamo stati parecchie altre volte, negli ultimi anni, e non sempre abbiamo gridato allo scandalo.
Uno legge un titolo così e gli viene un coccolone! Già pensa di mettere i sacchi di sabbia davanti a casa…

Sempre per rimanere in tema, il sito www.tzetze.it oggi riporta questa notizia “USA adotteranno misure per contrastare la Russia in Siria”. Fin qui, ok, ci può stare. Lo stesso articolo viene pubblicizzato da Grillo sulla sua pagina facebook con questo titolo “Ultima ora. Inizia la terza guerra mondiale? Gli USA hanno intimato a Putin di…” e non c’è il resto. Nel senso che proprio non lo trovi!
Andando a leggere l’articolo nel dettaglio, si scopre che quel titolaccio era una colossale cazzata.
Il contrastare, nello specifico, si rivela essere una collaborazione.
Allora, la terza guerra mondiale arriva o no?
Perché esasperare una notizia creandone una che non c’è?

Passiamo a Il Giornale.
Oggi, sulla pagina di facebook del quotidiano,  si legge “Un’altra Ebola. – Quella febbre sconosciuta che spaventa il mondo.”
Già così, non ti viene da star tranquillo, così, clicchi e vai a leggerti l’articolo.
Avete letto?
“Una febbre sconosciuta sta falcidiando il nord del Mali”.
Allora ti armi di coraggio e leggi. Quando hai finito, l’incazzatura è a mille. E se non ci credete, leggetevi l’articolo.
I morti? 100. Gli abitanti? Oltre 14 milioni. La causa? Probabilmente malaria o una diffusione di meningite. Niente misteriosa febbre venuta da chissà dove!

Capito cosa intendo per Sensazionalismo Dirompente?
Queste e altre notizie, pompate di steroidi, servono ad inculcare in tutti noi un senso di vertigine. Perché il cittadino medio, preso da mille cose da fare, preoccupazioni, lavoro, famiglia, legge il titolo e, purtroppo, in massima parte si concentra su quello.
Così il signor Bianchi arriva a casa stressato dalla giornata e guarda la moglie dicendogli: “Tesoro, c’è un'altra epidemia in Africa, l’ho letto oggi. Arriverà anche qui… E in più ci toccherà di stare attenti perché siamo entrati in guerra. Speriamo che non si arrivi alle armi nucleari…”

Accendendo quella maledetta scatola che è la televisione si viene poi a contatto con la disinformazione più assurda.
Quando si parla di media di regime non si ha ben presente l’argomento. E la stessa parola (regime) è fuorviante.
Non c’è un regime. C’è un Sistema.
Non è l’Italia che pilota le notizie. Non è l’America, o la Russia. Esiste un controllo sistematico delle informazioni a livello internazionale. Come faccio a saperlo?
Non lo so! Mi permetto di dedurlo da quello che vedo sulla televisione  italiana, su quella tedesca, su quella anglo/americana, da quello che mi viene detto da amici turchi a riguardo di quella del loro paese e da amici russi per il medesimo motivo.
Ogni paese ha livelli precisi di disinformazione, per controllare le masse. Per controllare noi.
Ho scritto qualche giorno fa un articolo sulla paura che ci viene instillata e l’informazione pilotata serve proprio a farci andare (o non andare) sempre verso una direzione precisa.
Se ci rivelassero le verità dietro agli avvenimenti, nel giro di una settimana si scatenerebbe una rivolta.
Invece ci incatramano alle sedie con guerre, terroristi, malattie, e chi ne ha più ne metta.
Gonfiano ogni cosa e sapere la verità, o dedurla, è un’impresa difficile. Ci si può arrivare, attraverso la lettura approfondita e magari grazie a qualche bravo studioso o qualche giornalista senza veli (pochi, ma ci sono), posto che non vengano eliminati prima (non fisicamente, basta sputtanarli un po’).
Leggere e informarsi è un dovere, ma non lo è credere ciecamente a ogni cosa.
Il beneficio del dubbio. Sempre.

Per concludere, il web.
Come dicevo, ha partorito una miriade di siti dove puoi leggere di tutto. Dalle farneticazioni nazifasciste di nostalgici dementi alle invasate tesi rivoluzionario-comuniste di allucinati figuri con la cultura di un toporagno. Per non parlare dei siti mistico/religiosi/esoterici, dove trovi le più fantasiose puttanate che si siano mai lette.
In questi contenitori virtuali le notizie di attualità sono filtrate da così tanta ignoranza che la metà basterebbe a rimandare tutti gli imbrattacarte alla prima elementare.

In ultimo, ma non ultimo, proprio il social network più famoso del mondo (facebook, ovvio) rasenta la follia in quanto a scriteriate dichiarazioni di milioni di teste di legno.
Io non sono per la censura, ma a volte una resettata sarebbe necessaria.
Lì dentro c’è la summa di tutto quel che non vorresti leggere.
Si passa dal becero razzista all’anarcoide invadente.
Non puoi leggere di gente che vorrebbe riaprire Auschwitz e rimanere impassibile.
Non puoi vedere un personaggio noto come Ted Nugent (cantante e chitarrista americano) inneggiare pubblicamente al possesso di armi da fuoco a go-go.
Non ha senso leggere i commenti o i post di ignoranti figuri che si dichiarano felici per i migranti morti nel Mediterraneo.

Tutto questo non è assurdo, è folle.

Come ho detto all'inizio, tutto ciò è stancante.
Vorrei solo un minimo di competenza e correttezza, almeno prima di aprire bocca o di metter mano alla penna.
È già abbastanza difficile vivere in un mondo fortemente manipolato nell’informazione, ma assistere al degrado senza ritegno dà un senso di smarrimento.

Il beneficio del dubbio non è solo una risorsa quando si legge e si ascolta, ma anche prima di parlare e di scrivere. 


sabato 3 ottobre 2015

LA PAURA CHE CI GOVERNA

Mi è stato detto spesso che ho la antipatica abitudine di elencare solo le malefatte del mondo che ci circonda. Riducendo tutto quello che dico e che scrivo in un’unica parola io risulto: pessimista.
Può essere. Chi sono io per dire che non è così a chi ne è convinto? Del resto, nessuno di noi ha la verità in tasca ed io faccio parte del “noi”.
Un’altra cosa che mi è stata spesso rimproverata è la mancanza di soluzioni proposte a fronte di tante critiche snocciolate.
Anche qui, devo ammettere di non poter dare torto a chi mi ha indicato come non propositivo, posso solo dire che non l’ho voluto fare. E per una ragione assai semplice: le mie soluzioni sono in aperto contrasto con il mondo in cui vivo, con la gente che ci vive e con il sistema che ci governa.
La vera domanda che mi pongo, e lo faccio spesso, è questa: ho veramente torto?
Francamente?
No.

Il mondo in cui siamo immersi è governato essenzialmente da una parola. Da questa si dipanano tanti filamenti che costituiscono la rete che ci attanaglia senza pietà. E quella parola è stata manipolata in modo tale che tutto ciò che viviamo, in ogni momento, possa portare a lei.
La paura.
Possiamo dire che non è così? Che non siamo dominati dalla paura?
Anche chi è incline a dire che non ha paura di niente è in realtà vessato passivamente da questa parola. Questo perché non esiste nessuno di noi in grado di asserire in tutta onestà di non averla mai provata o di non poterla provare almeno una volta nella vita.
La paura non è qualcosa di fisico, non è qualcosa che puoi misurare, ma è qualcosa che puoi (potresti) controllare. Lo puoi fare tu, lo possiamo fare tutti. Purtroppo, lo sanno fare molto bene quelli che giocano con le nostre vite (ai quali abbiamo permesso di farlo, non va dimenticato).
Se possiamo controllarla e contrastarla e sappiamo attraverso tante prove che ne siamo in grado, perché rimaniamo passivi di fronte al disastro che ci avvolge?
Per la paura stessa, anche se sembra un paradosso. La paura di non riuscire e la paura di peggiorare le cose.
Ahimè, questa reazione non è tutta “farina del nostro sacco”, ma ci viene inculcata in modo subdolo ogni giorno.
Cerco di fare chiarezza: non siamo un ammasso di codardi che si nascondono, anzi, presi singolarmente sappiamo essere, in molti casi della nostra vita, dei veri leoni e dei genuini combattenti, ma ciò che ci rende vulnerabili è la mancanza di coesione. Soprattutto, il fallace convincimento di non poter cambiare lo stato delle cose (nel suo insieme).

Quella cortina di fumo che chiamiamo Sistema è retto e governato da menti brillanti che sanno esattamente tutto questo e che muovono le pedine sulla scacchiera del mondo in modo tale da rendere la vita di noi tutti un continuo inseguire il nulla.
Tempo fa scrissi un articolo chiamato “Le marionette” (http://lavocenellombra.blogspot.de/2015/01/le-marionette.html ) in cui spiegavo qual’era il mio punto di vista al riguardo della manipolazione delle menti. Rileggendolo, credo di essere andato vicino al nocciolo della questione, ma trascurando proprio il particolare di cui sto parlando ora.
Generare paura nelle persone non significa metterle di fronte a condizioni catastrofiche da un momento all’altro, ma minare lentamente la loro convinzione di essere in grado di fronteggiare qualsiasi cosa con la sola volontà. Togliendogli la possibilità di credere di poter uscire da qualsiasi situazione senza aiuto alcuno, il Sistema genera una rete implacabile di sfiducia che porta (e questo sì che è paradossale) le persone a credere che si possa cambiare strada e migliorare proprio attraverso il Sistema stesso.

L’esempio della politica è emblematico. L’Italia ristagna da decenni alla mercé di una classe politica inconcludente e ridicola, ma invece di insorgere e cercare di abbatterla per aprire a nuovi orizzonti, la gente si fossilizza sugli stessi stereotipi che l’hanno resa schiava (non credo sia un’esagerazione usare questo termine).
Si cerca la strada del “nuovo partito”, della “nuova coalizione”, quando invece è tutto un rimescolamento di vecchi e triti sistemi di potere. Tutto rimane così com’è e così com’era.
La cosa veramente assurda è che ci sarebbero tutte le cose al loro posto affinché il quadro tornasse ad essere un’opera d’arte, invece dell’obbrobrio che abbiamo di fronte.
L’Italia ha una Costituzione straordinaria e basterebbe attenersi ad essa per iniziare ad avere un briciolo di miglioramento. Abbiamo un sistema di leggi che, se fossero applicate equamente, basterebbe per rendere il paese migliore.
Invece, no.
Il cittadino ristagna nel dubbio, nella lamentela continua, nell’amaro (ed errato) convincimento di non poter far nulla di propria mano per ristabilire un minimo di ordine nel mondo in cui vive.
Perché lo fa?
Perché almeno noi occidentali, non ostaggi di tiranni sanguinari o di forcaiole regole religiose, non esigiamo un cambiamento radicale a qualsiasi costo per noi e per il nostro futuro?

Per la paura che ci spinge a pensare che le cose potrebbero peggiorare.
Per la paura di perdere quel poco o tanto che abbiamo faticosamente conquistato.
Per la paura di ritrovarci senza quelle cose che il Sistema ha reso indispensabili. Quelle cose inutili a cui diamo tanto valore.
Quelle cose, e quei concetti, che ci rendono schiavi. Codardi.

Tra le cause che ci spingono al non intervento c’è anche la dimenticanza di ciò che la Storia ci ha insegnato.
Sono stati abbattuti regimi totalitari, regnanti e governi crudeli e sempre, sempre, c’è stato un prezzo da pagare. Però, si è passati oltre e dopo una o due generazioni si è visto il netto miglioramento rispetto al passato.
Oggi, almeno nel nostro Occidente ridente e patinato, abbiamo perso la volontà di combattere davvero.
Combattere per i nostri diritti. Quelli di tutti.
In qualche modo ci hanno convinti che, dal momento che nel resto del mondo c’è gente che sta esageratamente peggio di noi, allora quel che abbiamo va bene così. Non importa se ci vessano con super tasse, se ci sottopagano il lavoro, se ci spacciano per sano cibo spazzatura, se condizionano anche la nostra salute. Importa che altrove stanno peggio.
Importa che noi non vogliamo diventare come loro.

Paura.
Insicurezza.

Prima avevamo Mamma America che ci faceva dormire sonni tranquilli. Anche la Mamma adesso ha scoperto le carte e non solo non da più sicurezza, ma non è più credibile.
Allora ci rivolgiamo a Mamma Russia, che grazie ad un leader di ferro ci fa credere di poterci salvare.
Non c’è salvezza, ahimè.
Non c’è perché, anche se non vi piace, fa tutto parte di un gioco enorme al cui tavolo non ci siamo mai seduti. Noi, noi popolo, noi gente, abbiamo deciso di essere solo spettatori (paganti) della grande partita.
La cosa che non ci siamo messi in testa e che rifiutiamo di capire è che dieci o venti persone nel mondo reggono il destino delle nostre vite perché noi permettiamo che sia così.
Permettiamo loro di manipolarci con tutto e il contrario di tutto spingendoci a credere di non-potere-fare-nulla.
Ad essere onesti, guardando lo scenario nella sua interezza, sembra assurdo.
Con la paura e con lo zuccherino della presunta libertà di espressione (questo articolo, ad esempio), rimaniamo inattivi e continuiamo a mangiare dalla ciotola che ci pongono.

Ora, possiamo cambiare?
Ad onor del vero, no. Riformulando la domanda:
potremmo cambiare?
Sì.

Sapete su cosa si regge il potere del Sistema? Sul silenzio assenso della gente e sulla produttività.
Se interrompi questi fattori, il Sistema va in stallo.
Quindi, a quelli che di tanto in tanto mi dicono che non propongo soluzioni, dico: vogliamo iniziare a cambiare e farlo in modo potente?
Bene, smettiamo di assentire attraverso il blocco della produttività.
Sì, lo so, vi state sbellicando dalle risate…
Care compagne pecore (questo siamo, poche storie), delle tante e cervellotiche idee su come ribaltare la situazione attuale, quella che ha più senso è togliere al Sistema quello su cui si regge.
Certo, potremmo aspettare le prossime elezioni politiche. E poi? Otterremmo quel che vogliamo? Un mondo migliore?
Non esiste futuro finché il Sistema avrà i piedi ben piantati sulla nostra testa.
La nostra paura di perdere piccoli e insignificanti privilegi annienta la visione di quel che siamo: né liberi, né autonomi.

Pensate a questo scenario: fabbriche ferme, scuole chiuse, negozi con le serrande abbassate. I gestori di supermercati che distribuiscono gratis generi di sussistenza per la Resistenza.
La Resistenza…che parola dal sapore antico…
Immaginate uno Stato bloccato da milioni di cittadini che hanno deciso di dire Basta. Uno Stato solo.
Milioni di cittadini senza bandiere, senza distinzione di ceto, di religione, di niente. Gente, come voi, come me.
Militari che si rifiutano di intervenire, Polizia che fa altrettanto e che pattuglia solo per impedire che gli sciacalli (ci sono sempre) se ne approfittino.
Pensate all’Italia, messa in ginocchio dopo una settimana di blocco.
Le conseguenze? Immani, ovviamente. E qualora l’esercito non rifiutasse di intervenire potrebbe essere guerra civile.
E ora chiediamoci: ne varrebbe la pena?
Varrebbe la pena vincere le nostre paure a fronte di poter dire di aver tolto la faccia dal fango per una volta e averci provato?
Varrebbe la pena convincersi che tutta quella paura non ha senso di esistere e che possiamo e dobbiamo credere che si può cambiare strada, a qualsiasi costo?

Ecco, io credo di sì.
Con tutti i rischi del caso, sì.
Anche voi, che avete figli (io non ne ho), a quale futuro li state esponendo?



Chiudo.
Purtroppo, anche se girassi di casa in casa per tutta l’Italia (parlo del mio paese, ma potete sostituirlo, nel contesto, con qualsiasi altro) per fare proseliti sono sicuro che tanti mi prenderebbero per pazzo.
Sui giornali si leggerebbero articoli su un mentecatto che cerca di aizzare il popolo alla rivolta.
Non sarebbe del tutto sbagliato, ma sarebbe una delle solite esagerazioni dei media.

Io continuerò a dire la mia e a proporre questa mia visione, ma sono anche convinto che la paura che è stata instillata in tutti noi è così profonda da far desistere la maggior parte di voi.
Solo quando le persone comprenderanno appieno che chi ha generato questo Sistema coercitivo sono persone come noi, forse, solo allora, potrà avvenire qualcosa di nuovo.
Forse si alzerà un coro che dirà: NO.


Fino ad allora, rimarremo passivi, vivendo nella paura di perdere quello che abbiamo.
Cioè: niente.


Alla prossima.


venerdì 3 aprile 2015

FACCIAMO UN SACRIFICIO (?)

Ed eccoci alla Pasqua.
Beh, la cronologia lo esige e quindi, dopo il Natale, eccoci all’altra festività cattolica per eccellenza.
E tutti giù a rimpinzarsi a più non posso. Però …
Già, anche quest’anno c’è un “però” che aleggia su ogni media immaginabile. La questione dell’agnello.
Ricorderete tutti che l'anno scorso fummo invasi dagli spot, le foto e le campagne lanciate contro il consumo del belante giovane quadrupede. Quest'anno ci ripetiamo, con schiere di animalisti e altri gruppi analoghi decisi a lanciare un attacco diretto a tutti i famelici consumatori di carne per difendere la povera bestiola che, va detto, era già stata sacrificata proprio dal Padre Eterno, da suo Figlio, dagli Apostoli e da tutto il resto del popolo sotto la croce.
Ora, lungi dal volermi buttare in un’analisi della questione religiosa al riguardo però, insomma, la cosa mi sembra un tantino strana e anche un po’ estrema.

Ogni giorno tonnellate di carne macellata di ogni tipo è in attesa di essere acquistata sui banchi di vendita di tutto il mondo; ogni giorno migliaia di camion trasportano animali destinati al macello o già macellati; ogni giorno milioni di animali vivono la loro giornata negli allevamenti (in condizioni per lo più discutibili).
C’era bisogno di una nuova e ulteriore campagna mediatica ultra-intensiva in difesa dell’agnellino?
Qualcuno dirà: non vale solo per lui, ma anche per gli altri animali.
Molto bene, allora boicottiamo la carne!
Certo, come no …

La questione, come sempre, è più sottile, intrigata e ipocrita e non potrebbe essere altrimenti, giacché siamo umani.

Quelli che si sono fatti intenerire dagli spot e dai post sui social network pro-agnello sono gli stessi che invece del “piccolo” mangeranno bistecche di manzo, arrosti di vitello, braciole di maiale. Certo, vegetariani e vegani mangeranno altro, ma tutti gli altri?
Va detto che uno spot per salvare la vita al maiale sarebbe auspicabile, adesso, ma come la mettiamo con le succulente salsicce? 
E chi glielo dice al popolo di Firenze che mangiare la fiorentina sarebbe una violenza innominabile nei confronti dello sfortunato bovino?
Eh, già, il punto è che l’agnello raffigurato nelle varie fotografie è un cucciolo, tipo i cagnolini le cui foto riempiono di tenerezza canina tutto il web. 
Il cucciolo fa pensare ad un esserino indifeso che viene preso, ammazzato, scuoiato, squartato e fatto a pezzi pronti per la casseruola. Immagine terribile, dico bene? E come pensate che finiscano gli altri animali sui banchi delle macellerie?
Purtroppo, la nostra dis-umanità è racchiusa anche in queste nefande azioni: prendere le parti di uno, ma lasciare che il resto se la sbrighi come sempre.

Mi perdonino gli agnelli, ma temo che ci siano questioni ben più serie e gravi da affrontare che non spendere tonnellate di tempo (e anche denaro) per spingere questi messaggi, tra l’altro ben lontani dall’essere di una qualche utilità.

Perché, mentre pensiamo a salvare l’agnello dal sacrificio continuiamo a respirare aria inquinata, mangiamo cibi spazzatura di dubbia provenienza, fumiamo come ciminiere, ci spariamo dentro ettolitri di alcolici e, come se non bastasse, passiamo la vita a lavorare per un pugno di mosche per poi morire senza aver vissuto decentemente per un tempo ragionevole. Contribuendo a spappolare il pianeta che abitiamo.

Allora, facciamo davvero un sacrificio: smettiamola con le scemenze e occupiamoci d'altro, che sarebbe ora.

Buona Pasqua (?).



mercoledì 11 febbraio 2015

L’ULTIMA PAROLA DA RICORDARE


Non c’è più scampo, l’unica regola è fuggire.
Lontano dai resti marci
di quest’immondezzaio che ancora
insistiamo a chiamare casa.
Qui l’unica cosa che rimane
è l’insistente odore di morte
e di falsi Dei
e ideali fasulli.
Basta. Ora basta.
Andiamo via da qui.
Perché è già troppo tardi
e poi la cancrena colpirà anche noi.
Speranza è una parola
ormai senza senso da troppo tempo.
Speranza non c’è mai stata.
Né per me.
Né per te.
E nemmeno per i bambini già nati
e già infettati dal morbo,
e nemmeno per quelli che nasceranno.
Perché nasceranno…
E saranno i nuovi carnefici
e le nuove vittime.
Questo è ciò che ci aspetta,
il futuro luminoso di pace,
misericordia e amore…
Tutti proiettili che si conficcheranno
come lame putride,
nelle carni, nelle menti,
nelle anime,
negli spiriti,
nelle vite già morte di ogni nascituro
di questo mondo insanguinato.
Fuggiamo.
Vieni via!
Fallo per me, scappa,
e che sia lontano da tutto
così lontano quanto l’arcobaleno all’orizzonte,
lontano oltre le soglie del visibile.
Qui è già tutto morto.
Morto.
Di morte toccato e di morte straziato.
Morto come il pensiero
come il sogno
come la poesia e il mistero.
Morto perché di morte l’uomo sospinge
quel veliero fumoso chiamato futuro.
Abbiamo distrutto tutto…
Salviamo almeno questo.
Il nostro ultimo respiro.
L’ultima essenza che non abbiamo mai capito.
Fa che si salvi quell’ultimo sussurro
di un’esistenza passata a negare d’esser vivi,
passata a cancellare la magia dell’essere,
passata a distruggere il sogno del giorno dopo.
Perché domani non ci sarà.
Come non c’è stato ieri.
Noi che abbiamo camminato
in un eterno oggi,
maciullato dalle vergate dell’idiozia,
dell’indifferenza e dell’ipocrisia.
Senza mai avere altro scopo
che non fosse quello di vincere.
E avere,
e possedere.
E conquistare.
Ma cosa?
Cosa, maledizione, cosa?!
Nulla!
Niente!
Siamo niente
lo siamo stati per talmente tanto tempo
da dimenticare l’istante
d’inizio di questo frastuono che chiamiamo vivere.
Questo insensato e perdurante macello.
Figlio mio.
Amore mio.
Scappiamo via.
Che qui non è più posto da un eternità
per chi pensa e sogna
e per chi immagina e per chi spera
per chi fa di un istante
il cristallo prezioso da conservare.
È finita.
Non c’è più tempo.
Vieni via.
Il cancro si diffonde e presto toccherà anche a noi.
Fuggiamo.
E che sia per noi ‘domani’

l’ultima parola da ricordare.

giovedì 5 febbraio 2015

LA SOLITA VECCHIA STORIA (?)

L’Italia è un paese strano, l’avevate notato anche voi? E’già abbastanza strana la posizione geografica, che ci ha visti dominatori, dominati, divisi, accorpati, ma la situazione politica ha dell’incredibile.
Ci riflettevo giusto qualche giorno fa e poi, come è naturale che sia, arriva la notizia che non ti aspetti, ma avresti dovuto.
“Gli ex del Movimento 5 Stelle formano Alternativa Libera.”
Eccoli qua. Esattamente come gli altri, o peggio? Che dire, per ora non resta che aspettare, ma va da sé che, forse, qualcosa non quadra(va) nel M5S. Io me lo ero posto diverse volte, il quesito.
Un partito che nasceva come un’idea nuova, come una voce corale contro il sistema, come un grimaldello per forzare le serrature a doppia mandata della politica logora e consunta della nostra Repubblica; un partito che nasceva dal concetto semplice di “Stato al servizio del popolo”.
Eppure, sin dai suoi primi vagiti, si era intravista una strana ombra di non-democrazia all’interno del partito stesso. Un’ombra che, in seguito, si sarebbe chiarita molto bene, definendo i ruoli. Grillo e Casaleggio sono i deus ex machina e solo loro decidono chi, come, cosa, perché.
Certo, a sentire loro (soprattutto Grillo) il Movimento è assolutamente democratico nel suo statuto e nell’organizzazione, ma questo appare vero solo in parte, anche perché i componenti allontanati (o epurati, fate voi) non lo hanno fatto tutti di loro spontanea volontà (direi pochi) e le linee guida, soprattutto iniziali, da seguire nei confronti dei mass media non le aveva decise il Movimento nella sua interezza, ma solamente i due fondatori.
Ora gli epurati vanno a formare una nuova realtà politica e il nome (Alternativa Libera) ha effettivamente un che di polemico con il Movimento, non trovate?
Non bastava aver già avuto la cancellazione della Democrazia Cristiana (perché il partito di Casini cos’è?) con una emorragia di ex democristiani confluiti ovunque, dalla sinistra radicale, al centro-sinistra, al centro-destra; non bastava aver assistito al suicidio del Partito Comunista e alla nascita di Rifondazione, Comunisti Italiani, poi Sel, aggiungendo l’Ulivo, l’Unione e poi il Partito Democratico; non bastava nemmeno aver visto l’harakiri del Movimento Sociale, diventato Alleanza Nazionale per poi sparire all’interno del pantagruelico Popolo delle Libertà. Non bastava aver avuto partiti, partitini, partitacci di ogni ordine e grandezza.
Il Movimento 5 Stelle nasceva per dare una identità nuova alla politica di questo paese, ma in realtà non l’ha mai fatto. O, se l’ha fatto, l’operazione è parzialmente riuscita e, infatti, la nascita di un altro (ancora) partito proprio dalle costole del M5S fa comprendere come non si riesca ad uscire da questo pantano che è la concezione politica italiana.
Per dirla come un vecchio detto: ognun per sé e Dio per tutti.

Non mi fidavo prima di un Movimento che non si batteva sin dall’inizio sul medesimo terreno del potere e non mi fido oggi, a maggior ragione.
Il concetto è semplice: se vuoi battere il potere lo devi affrontare dove questo è più forte e, soprattutto, devi fare in modo che la gente ti senta.
L’Italia è un paese di anziani. Sono veramente tanti. E gli anziani, la grande maggioranza, guarda la televisione e legge i giornali: i due media per eccellenza e non solo in Italia. Sono pochi, percentualmente, quelli che navigano su internet, ma vanno tutti a votare. Io mi ricordo bene che tanta gente mi diceva, poco prima delle ultime elezioni politiche, che non sapeva se votare Grillo perché faceva tanto rumore, ma non si sapeva cosa volesse fare.
Perché impediva ai suoi accoliti di partecipare a quelle trasmissioni dove avrebbero potuto dire cosa voleva fare il Movimento e, sopra ogni cosa, avere un contradditorio?
Sì, lo so che i grillini si sono diminuiti lo stipendio e si battono come leoni in Parlamento, che cercano di fermare il Potere, ma allora cosa significa Alternativa Libera?
E se erano tutti d’accordo, perché ora non lo sono più?

Io non scriverò le mie conclusioni, le lascio trarre a voi. Però, vi lascio con un pensiero:
da ogni parte lo si ascolti, il pensiero politico di OGNI parlamentare e OGNI partito è diretto al bene del paese, al ritorno alla prosperità, alla soluzione dei problemi che ci affliggono. Se sono tutti d’accordo, perché non si è ancora fatto niente?
La solita vecchia storia (?).


Alla prossima.

mercoledì 28 gennaio 2015

Vivere E Morire




Nascita e morte. 
E’ racchiusa tra queste due parole la nostra parentesi sulla Terra.
Semplice, lineare.
Nascita e morte. Esattamente come ogni altro organismo vivente.

Ma noi siamo animali strani, e quindi arriviamo a considerare la nostra vita qualcosa di più importante, di più speciale. Di più rispetto, e a dispetto, di qualsiasi altra forma di vita.
(Ok, in larga parte. Ci sono delle minoranze con qualche briciolo di coscienza, lo so. Ma sono minoranze.)
Il perché noi guardiamo a noi stessi come ad esseri speciali forse è materia per filosofi e antropologi, anche se qualche psichiatra non guasterebbe, e quindi lascio a loro le congetture e le conclusioni.
Qui, invece, io mi voglio occupare d’altro.

Quando nasciamo noi siamo cuccioli indifesi capitati in questo mondo per caso o per volontà dei nostri genitori. Da quel momento in poi, per lungo tempo, dipendiamo da essi e dalla loro capacità di assicurarci una buona crescita e un habitat sicuro (e spesso da altri fattori esterni condizionanti). Abbiamo il diritto di vivere, in sintesi. E, soprattutto, di vivere nel modo migliore possibile.
E’ un assunto che non accetta condizioni.
Nello stesso modo in cui abbiamo il diritto di vivere, così abbiamo il diritto di morire.
E anche il dovere.
E’ brutto, lo so. A nessuno piace pensare alla morte.
Il problema nasce dal fatto che nella nostra società (in modo particolare quella occidentale) esiste un vero e proprio concetto sbagliato di morte.
Insegniamo ai nostri bambini ad avere paura della morte, come se fosse una cosa orrenda che succede se fai qualcosa di sbagliato. E quando essi diventano adulti, come noi, rimangono atterriti dall’idea della morte come se fosse uno spauracchio da esorcizzare, un mostro da combattere, un male da evitare.
Non è così.

Il ciclo della vita comprende tre fasi: nascita, esistenza, morte.
Punto.
C’è poco da sorprendersi, l’universo funziona così, che piaccia oppure no.
Parlo dell’universo non a caso.
Tutto, nell’universo, ha un suo percorso che non è diverso da quello di noi umani, ma noi dimentichiamo spesso un principio enunciato da Lavoisier:
“Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.”
Pertanto, la morte non è un orribile cosa che giunge per sopprimere e cancellare la nostra esistenza, ma soltanto un naturale processo per la fine di un ciclo.
E’ chiaro, da qui in poi si potrebbero aprire dibattiti sull’anima, sullo spirito e su altre cose, ma non è questo che intendo fare. Se vi va, potete farle da voi queste riflessioni.

Prima ho parlato di diritto e dovere di morire.
E’ la verità, che piaccia o meno.
Così come dobbiamo vivere, dobbiamo morire. Non possiamo, e soprattutto non dobbiamo, stravolgere questo stato di cose. Che senso avrebbe?
Vivere per sempre? E per quale motivo?
Possiamo vivere più a lungo, possiamo migliorare la qualità della nostra vita, ma poi, infine, è giusto che il ciclo finisca.
Quello a cui voglio giungere con questo lungo discorso, è una cosa delicata.
Molto delicata per quella parte di nozioni che appartengono alla morale comune.

Se è vero, come è vero, che in teoria (su questo fate una riflessione sulle popolazioni del terzo mondo) noi tendiamo a volerci assicurare una buona qualità della vita, lo stesso non si può dire sulla qualità della nostra dipartita.
Ci sono dei casi in cui il modo in cui si muore ha molta importanza, ed è legato a stretta mandata con la qualità della vita.
Per capire questo c’è bisogno di esempi.
Una persona colpita da una malattia invalidante che la renda inabile al punto tale da non essere più autosufficiente, e che in questa condizione rimarrà fino alla sua fine, ha il diritto di poter essere curata, assistita, controllata in ogni momento. E’ un suo diritto, come ho detto, e la società ha il dovere di assicurargli tutto questo.
Se questa persona, però,  in grado intendere e volere, non volesse più vivere in simili condizioni?
Se smettesse di volere un’esistenza privata di tutto quello che dona dignità ad un individuo?
Non scaldatevi tanto.
Pensate sia semplice diventare veri e propri schiavi di un corpo che non risponde più?
Riflettete su cosa vorrebbe dire non poter essere in grado di mangiare, bere, muoversi, andare in bagno, lavarsi senza l’ausilio di un aiuto esterno.
Una condizione dove persino comunicare senza l’aiuto di apparecchi sia impossibile.
Se una persona così volesse morire, dire basta, chiedere di essere lasciata andare, che male ci sarebbe? Soprattutto, dove sarebbe il male?
Forse ci opponiamo perché la nostra morale ipocrita non accetta di andare contro le leggi del divino? Perché pare che sia spesso il fattore religioso a fare da ago della bilancia.
Laddove non c’è, si sente spesso parlare, comunque, di diritto alla vita.
Diritto?
Qui non si parla di omicidio, come qualche titolato scriteriato vorrebbe metterla.
Quando una persona gravemente malata muore, non diciamo spesso che “ha finito di soffrire”?
E allora, perché non consentire a chi lo vuole di porre fine ad una sofferenza inutile?
A chi lo vuole, ho detto, non a tutti indiscriminatamente!

Qualcuno ha detto che l’eutanasia è disumana.
Ed è umano volere che qualcuno rimanga paralizzato in un letto fino alla fine dei suoi giorni, per di più contro la sua stessa volontà? E’ umano obbligarlo a rimanere prigioniero di un corpo che non funziona più?
Avete mai dato un’occhiata sul dizionario alla voce eutanasia?
Vi aiuto io:
Eutanasia – morte non dolorosa provocata in caso di prognosi infausta e di sofferenze ritenute intollerabili.
E poi parliamo di diritti umani…
Come sempre, ci dimostriamo insensati nei nostri giudizi e nei nostri convincimenti.
Avere il diritto di vivere è qualcosa di intoccabile, ma altresì il diritto ad una morte dignitosa è ancora più importante.
La nostra società si riempie la bocca con la storia dei diritti, con i precetti della chiesa, con la filosofia della vita e come sempre lo fa guardando un solo lato della medaglia.
Si parla di vita, senza guardare agli altri aspetti ad essa legata.

…sofferenze ritenute intollerabili…
Io non vorrei essere, un giorno, nelle mani di chi decide per me se devo soffrire o no e se si, per quanto tempo. E non vorrei che nessuno di quelli che amo si trovasse in una situazione simile.
Non c’è senso alcuno nel voler forzare un’esistenza che ha smesso di avere significato. Questo si che sarebbe disumano.
Ed aggiungo che è disumano, pensatela come vi pare, permettere che ci si svegli da un coma di anni e anni in uno stato semi-vegetativo per poi sopravvivere in uno stato di semi-esistenza.
Non è un inno alla vita, ma puro egoismo.

Noi nasciamo, esistiamo, moriamo.
Dovremmo occuparci con eguale civiltà di ognuno di questi aspetti.

Dovremmo… ahimè.




Alla prossima