Accarezzo la robusta corda
che mi fissa con il suo cappio,
pronto e gelido.
Tutt’intorno una massa silente
che altro non attende
se non l’esecuzione.
Il boia non c’è, il boia sono io.
Ed io il condannato...
Giudici e giurie grigie hanno sentenziato
ma poltrone e piazze non si sporcano le mani.
Alla fin fine questo è vivere
nella terra dell’uomo.
Pagare l’inadeguatezza.
Pagare la diversità.
Il prezzo è alto,
alto come il corpo che penzolerà inerte
alto come il brusio della folla cieca.
Incurante di chi si troverà appeso domani.
Incurante di chi ci si trova ora.
Morte è spettacolo
nella terra dell’uomo.
Si scuote il cappio sotto i colpi del vento.
Un ultimo movimento solitario
prima della danza.
Il boia non c’è, il boia sono io.
Ed io il condannato.
Poi saranno fremiti di folla goduriosa
e tra la folla qualcuno sentirà [vicino]
il tormento del prossimo venuto.
Stringe la corda
ed io sollevo gli occhi:
in alto un uccello vola.
Inconsapevole bestiola fortunata,
male che vada vittima d’un fucile
ma mai d’un suo simile.
Tira la corda.
Stringe e non molla.
Io odo solo l’ultimo silenzio,
fetido e falso,
della terra dell’uomo.
domenica 15 novembre 2015
mercoledì 4 novembre 2015
La Colpa
La colpa non la vuole nessuno.
La colpa è una parola che si tende a scaricare sempre su altri, o su altro, anche a costo di diventare irragionevoli e illogici.
Ci si è sentiti dire spesso, durante gli anni della crescita, che si deve essere responsabili delle proprie azioni; lo hanno fatto i genitori, i nonni, i fratelli e le sorelle più grandi, ma anche gli insegnanti, a scuola. Anche in età adulta abbiamo sentito parlare del senso di responsabilità. Dai nostri superiori, ad esempio, o dai datori di lavoro. Nonostante le due parole possano essere legate tra loro (c’è vicinanza tra le frasi essere colpevoli di qualcosa e essere responsabili di qualcosa), è proprio la parola Colpa che fa mettere le mani avanti.
Arrivati all’anno di grazia 2015 ne abbiamo viste di tutti i colori, da tutte le parti e senza escludere niente e nessuno; il perfido gioco dello scaricabarile è diventato una norma, anziché un’eccezione. Non solo, ma abbiamo perso (noi popolo) completamente il lume della ragione, andando a cercare responsabili/colpevoli ovunque, senza nemmeno tentare di comprendere come e perché certe cose siano accadute e per reale (lapalissiana, direi) responsabilità di chi.
Come siamo diventati così ottusi? Questa è una gran bella domanda.
Ne avrei un’altra: eravamo dei fenomeni fino a qualche tempo fa o più semplicemente siamo solo peggiorati?
Mi piacerebbe sapere la vostra opinione.
Nel frattempo, occupiamoci di qualche esempio chiarificatore e facciamolo puntando il dito su alcune cose di estrema attualità.
Oggi la situazione politica italiana è indefinibile.
Il dopo-Berlusconi è stato un trotterellare senza senso tra presunti esperti economisti salva tutto, elezioni senza risultato e successivi balbettii di figure da operetta messe sullo scranno più alto senza che si sia giunti ad uno straccio di miglioramento. Anzi, è vero il contrario. Riavvolgendo il nastro ci si accorge che la destra dava la colpa alla sinistra e viceversa.
Ogni volta che un’elezione dava un risultato, l’eletto di turno tuonava contro il precedente governo per la situazione che si era trovato in mano. Così, quando il governo cadeva, o giungeva al termine della legislatura, si ritornava alle urne con le solite promesse. Le stesse che ascoltiamo oggi. Contro chi tuona Renzi? E Letta, Bersani, Monti, Berlusconi, Prodi con chi se la prendevano? Ma con chi c’era prima, ovvio.
Purtroppo, chi c’era prima era parte dello stesso sistema scriteriato che il cittadino ha sempre accettato con il suo assenso. È possibile, quindi, che noi-popolo si sia corresponsabili di questa situazione grottesca e drammatica?
Oggi sembra che la colpa sia solo del Pd (che non saprei se definire sinistra o destra, onestamente) e pare che tutti quanti abbiamo dimenticato che in Parlamento siedono gli stessi che erano presenti anche prima della situazione attuale. Il Pd è diventato il Demonio nella stessa misura in cui prima lo era soltanto Berlusconi.
Siamo noi ad avere la memoria corta? Non possiamo aver dimenticato che non esiste partito, in Parlamento, che non abbia avuto (o abbia) corrotti, collusi, indagati e condannati. Certo, abbiamo il Movimento 5 Stelle.
Una ventata di aria fresca, almeno nelle facce e nella fedina penale (per ora), ma prima di farmi una vera opinione vorrei che gli fosse data la possibilità di governare. Il che significa che, ancora una volta, la palla passa a Noi. Non ci piace, ma è così. Ma se si salva solo questo partito, per quale motivo sono in tanti a prestare ancora ascolto a tutta quella masnada di furfanti che occupano il resto del Palazzo? Abbiamo rimosso dalla memoria le Leggi Ad Personam, le promesse sempre disattese su pensioni, lavoro, economia, la imperdibile ignominia dell’entrata nell’Euro senza un referendum; non c’è stato un solo governo che non abbia tirato l’acqua al proprio mulino e riempito le proprie tasche e ancora abbiamo il coraggio (e la sventatezza) di dire che alle prossime elezioni voteremo Pd, Forza Italia, Lega Nord e altro ciarpame.
Diamo la colpa a tutti, continuiamo a votare gli stessi figuri e alla fine ci lamentiamo perché siamo in balia di questo sistema. La colpa di chi è? Vi siete mai domandati perché e come siamo arrivati alla situazione attuale? Non c’è stato nessun colpo di stato, nessuna forzatura anticostituzionale. Semplicemente, il popolo ha permesso (con il silenzio-assenso) che un governo dopo l’altro facesse tutto quel era necessario per arricchire un’unica casta, rendendola quasi inattaccabile. La loro. E quando sono state approvate leggi che evidentemente andavano contro la logica, il cittadino (noi) si è solo lamentato, ma senza insorgere.
Passiamo ad altro. Un argomento molto delicato. L’immigrazione.
Qui assistiamo quasi a un plebiscito.
È altissima la percentuale di italiani che vede gli immigrati come un problema da sradicare.
Se abbiamo carenza di lavoro è colpa degli stranieri che ce lo portano via.
Se abbiamo criminalità in crescita è colpa degli stranieri.
Se abbiamo più tasse è colpa degli stranieri.
E via dicendo.
Gli stranieri sono IL problema. La Colpa è tutta loro. E se non fosse così? Se invece la causa di tanti problemi fosse da un’altra parte?
Nello specifico: si evidenziano di continuo le note negative legate agli immigrati, ma quasi mai le cose positive. Sarebbe come dire che, dal momento che l’Italia è la culla di Mafia, N’drangheta e Camorra, allora tutti gli italiani sono dei criminali. È un concetto che non sta in piedi.
Il vero problema legato agli immigrati è da cercare più in alto. Noi tendiamo a vedere la colpa nell’effetto, non nella causa.
Si riversano in Italia (e in Europa) migliaia di persone dalle zone più disagiate dell’Africa e dell’Asia perché gli viene permesso di farlo. E questo non avviene da qualche mese, ma da sempre. Una vera regolamentazione non c’è mai stata. Un vero controllo non si è mai effettuato. Si è solo tentato di arginare il problema e regolare alla meglio una situazione insostenibile in partenza.
Vi siete mai chiesti perché esiste il Terzo Mondo?
E chi lo ha creato? O è sempre stato lì, ma lo scopriamo adesso?
Il termine è entrato a far parte del linguaggio politico nel 1955, nella conferenza di Bandung, per poter distinguere i paesi in via di sviluppo che non facevano parte di quelli ad economia di mercato e di quelli ad economia centralizzata. Quelli capitalisti e quelli comunisti, Patto Atlantico e annessi e Patto di Varsavia, ad essere concisi.
Ma il termine “in via di sviluppo” era obsoleto già allora.
Oggi siamo arrivati ad avere una nuova classificazione: il Quarto Mondo. I paesi più poveri della Terra, dove istruzione, speranza di vita alla nascita, reddito procapite sono da considerare ridicoli.
La cosa che sfugge a molti è che tutti questi paesi sono stati, in passato, delle colonie. L’Europa, in particolare, ha tiranneggiato in lungo e in largo.
Gli Stati Uniti d’America, anch’essi nati come colonia, non solo hanno sterminato i popoli che abitavano le terre da loro occupate, ma hanno importato schiavi dall’Africa senza riserve (o pensate che le popolazioni nere d’America siano autoctone?).
Ora, dopo essere stati dominati, schiavizzati, sfruttati, dissanguati in ogni senso, questi popoli ancora non hanno alzato la testa dal fango.
A parte quelle colonie asiatiche divenute potenze, come l’India ad esempio (il cui cittadino medio non è comunque economicamente all’altezza di un europeo), la quasi totalità degli Stati africani vive in uno stato di povertà, con governi dittatoriali armati dai paesi ricchi, multinazionali che ne depredano ancora le risorse ed emergenze umanitarie all’ordine del giorno.
Gli stati del medio oriente sono in continua lotta. Uno contro l’altro, tutti contro tutti. Una guerra oggi, una domani e i popoli in mezzo, a subire le conseguenze di regnanti dissennati.
Poi la questione palestinese e lo spauracchio israeliano che minaccia chiunque abbia qualcosa da ridire (curioso, uno stato che non dovrebbe esistere è uno dei più ricchi del mondo, nonché potenza nucleare).
Così, in questa situazione da orrore vero, arriviamo alle migrazioni.
Spinto dal desiderio di fuggire dalla miseria, dalle guerre, dalle malattie, dalla carestia, dalla schiavitù, un intero mondo si muove lentamente verso il Primo Mondo. Il nostro.
Questa gente porta tragedie nelle proprie valige. Certo, molti non sono santi e a causa di queste mele marce noi facciamo di tutta un’erba un fascio e li giudichiamo. Diamo la colpa a loro, come se fosse veramente loro la responsabilità del mondo in cui sono nati. Invece la colpa è nostra. Del comportamento dei nostri Stati e che noi abbiamo sempre evitato di giudicare veramente. Giudichiamo questa massa che arriva. I negri, li chiamiamo.
Qualcuno ha detto che dovremmo aiutarli a casa loro. Curioso, a casa loro noi portiamo armi e prendiamo petrolio, oro e altre cose che ci servono.
Allora, di chi è la colpa?
Ci lamentiamo che alcuni di loro siano dei violenti e dei criminali e io vi do ragione. Ma andate a cercare notizie su cosa ha fatto il buon uomo bianco da quelle parti e poi ditemi chi ha cominciato.
Il gioco di “chi ha iniziato a fare che cosa” può essere illuminante per capire perché un certo tipo di effetti si sono manifestati.
La colpa è una brutta bestia.
Come dice il vecchio adagio: è come i debiti, non la vuole nessuno.
Però, è chiaro, da qualche parte il colpevole esiste.
Perché, che piaccia oppure no: nulla accade senza una ragione; se si manifesta un problema significa che qualcosa lo ha provocato.
Queste due frasi sono di una banalità sconcertante, eppure le applichiamo soltanto a ciò che ci fa comodo, invece di farlo con tutto.
Mi fermerò qui con gli esempi (che rimangono tali e scelti proprio perché di attualità) , però mi piacerebbe che passasse un desiderio di riflessione dopo aver letto queste righe.
Vorrei che si smettesse di puntare il dito su qualcuno o qualcosa senza aver prima soppesato le reali dinamiche che hanno portato all’effetto.
Cerchiamo le cause, prima di lanciare invettive e ponderiamo su quanto noi stessi, nel nostro piccolo, possiamo essere responsabili di qualcosa.
Esistono infinite variabili da considerare, quante sono le infinite potenzialità dell’essere umano.
Non è mai tempo sprecato quello passato a riflettere prima di giudicare, perché nel mondo in cui viviamo emettere una sentenza sommaria, o “di pancia” se preferite, è diventata una pratica abituale.
Che vi piaccia oppure no, è sbagliato.
È estremamente liberatorio ammettere di aver commesso un errore, di qualsiasi tipo. Ed è nella nostra facoltà di esseri intelligenti poter tornare sui nostri passi e correggere il tiro, quando comprendiamo di aver puntato il dito sulla parte sbagliata.
La Colpa non è un tumore maligno, non è un virus mortale. Può averla ognuno di noi senza dover morire.
Ma non è nemmeno qualcosa che puoi scagliare a piacimento, senza pensare.
La Colpa esiste.
Prendiamoci tutti le nostre responsabilità prima di emettere sentenze.
martedì 6 ottobre 2015
PAROLE AL VENTO E IL BENEFICIO DEL DUBBIO
Sono stanco di leggere (e ascoltare) le
solite cose.
Ovunque vai c’è gente che spara a zero
su questo e su quello, che ne sa più di altri, che è sicura che una parte sia
il bene e l’altra il male.
Sarebbe bene iniziare ad informarsi
prima di sputare sentenze.
Se nel privato tutto ciò è detestabile,
nel pubblico, e più in generale per ciò che riguarda il mondo, è addirittura
intollerabile.
Che l’animale-uomo sia preda della
cattiva abitudine di parlare a vanvera, è cosa nota, ma mai come negli ultimi
anni ho assistito a carrellate di stronzate uscite dalla bocca (e dalla penna)
di tantissima gente. Persone comuni, come me, e di “alto profilo”, tipo
giornalisti, politici e altre categorie.
Sicuramente il web ha permesso a
chiunque di improvvisarsi esperto e opinionista di ogni sorta di argomento e
questo non ha giovato alla qualità delle argomentazioni. Se ai tanti che già
peccano di saccenteria senza avere né arte né parte aggiungiamo pure quelli da
cui ci aspetteremmo un minimo di riflessione prima di parlare, che puntualmente
non avviene, la cosa diventa esasperante.
Tra le varie correnti d’informazione ormai
cavalcate senza ritegno c’è quella del sensazionalismo
dirompente. Non è importante l’argomento in sé, ma come sei capace di
renderlo accattivante, soprattutto con un titolo fuorviante.
Beppe Grillo, che un tempo stimavo e che
adesso mi ha decisamente stancato, ha fatto di questo una regola.
“Siamo in guerra!”
“Tutti a casa!”
“La fine dell’Euro!”
Titoli così (che sono solo un esempio
fatto da me, ma andate a controllare il suo blog e ne troverete a camionate di
simili) catturano l’attenzione di chi passa per la rete e, onestamente, gli fa
anche prendere un colpo.
Per dire: oggi appare sulla pagina facebook
di Grillo questo titolo “L’Italia in guerra”.
Pare infatti che il nostro paese
parteciperà alle azioni militari in medio oriente con i propri caccia
bombardieri.
Non è la prima volta, non sarà nemmeno l’ultima.
Se volete dare un’occhiata alle
operazioni internazionali in cui l’Italia è coinvolta ora vi invito a dare un’occhiata
qui
Senza dubbio troverete scritto che si
tratta di missioni di Peace Keeping, ma trattandosi di militari e non di
infermiere, potremo chiamarle in altro modo. Fate voi.
Ma il titolo “L’Italia in guerra” è
chiaramente esagerato e, soprattutto, non tiene conto del fatto che in guerra
ci siamo stati parecchie altre volte, negli ultimi anni, e non sempre abbiamo
gridato allo scandalo.
Uno legge un titolo così e gli viene un
coccolone! Già pensa di mettere i sacchi di sabbia davanti a casa…
Sempre per rimanere in tema, il sito www.tzetze.it oggi riporta questa notizia “USA
adotteranno misure per contrastare la Russia in Siria”. Fin qui, ok, ci può
stare. Lo stesso articolo viene pubblicizzato da Grillo sulla sua pagina facebook
con questo titolo “Ultima ora. Inizia la terza guerra mondiale? Gli USA hanno
intimato a Putin di…” e non c’è il resto. Nel senso che proprio non lo trovi!
Andando a leggere l’articolo nel
dettaglio, si scopre che quel titolaccio era una colossale cazzata.
Il contrastare,
nello specifico, si rivela essere una collaborazione.
Allora, la terza guerra mondiale arriva
o no?
Perché esasperare una notizia creandone
una che non c’è?
Passiamo a Il Giornale.
Oggi, sulla pagina di facebook del
quotidiano, si legge “Un’altra Ebola. –
Quella febbre sconosciuta che spaventa il mondo.”
Già così, non ti viene da star
tranquillo, così, clicchi e vai a leggerti l’articolo.
Avete letto?
“Una febbre sconosciuta sta falcidiando
il nord del Mali”.
Allora ti armi di coraggio e leggi. Quando
hai finito, l’incazzatura è a mille. E se non ci credete, leggetevi l’articolo.
I morti? 100. Gli abitanti? Oltre 14
milioni. La causa? Probabilmente malaria o una diffusione di meningite. Niente misteriosa
febbre venuta da chissà dove!
Capito cosa intendo per Sensazionalismo
Dirompente?
Queste e altre notizie, pompate di
steroidi, servono ad inculcare in tutti noi un senso di vertigine. Perché il
cittadino medio, preso da mille cose da fare, preoccupazioni, lavoro, famiglia,
legge il titolo e, purtroppo, in massima parte si concentra su quello.
Così il signor Bianchi arriva a casa
stressato dalla giornata e guarda la moglie dicendogli: “Tesoro, c’è un'altra epidemia
in Africa, l’ho letto oggi. Arriverà anche qui… E in più ci toccherà di stare
attenti perché siamo entrati in guerra. Speriamo che non si arrivi alle armi
nucleari…”
Accendendo quella maledetta scatola che
è la televisione si viene poi a contatto con la disinformazione più assurda.
Quando si parla di media di regime non si ha ben presente l’argomento. E la stessa
parola (regime) è fuorviante.
Non c’è un regime. C’è un Sistema.
Non è l’Italia che pilota le notizie. Non
è l’America, o la Russia. Esiste un controllo sistematico delle informazioni a
livello internazionale. Come faccio a saperlo?
Non lo so! Mi permetto di dedurlo da
quello che vedo sulla televisione italiana, su quella tedesca, su quella
anglo/americana, da quello che mi viene detto da amici turchi a riguardo di
quella del loro paese e da amici russi per il medesimo motivo.
Ogni paese ha livelli precisi di
disinformazione, per controllare le masse. Per controllare noi.
Ho scritto qualche giorno fa un articolo
sulla paura che ci viene instillata e l’informazione pilotata serve proprio a
farci andare (o non andare) sempre verso una direzione precisa.
Se ci rivelassero le verità dietro agli
avvenimenti, nel giro di una settimana si scatenerebbe una rivolta.
Invece ci incatramano alle sedie con
guerre, terroristi, malattie, e chi ne ha più ne metta.
Gonfiano ogni cosa e sapere la verità, o
dedurla, è un’impresa difficile. Ci si può arrivare, attraverso la lettura
approfondita e magari grazie a qualche bravo studioso o qualche giornalista
senza veli (pochi, ma ci sono), posto che non vengano eliminati prima (non
fisicamente, basta sputtanarli un po’).
Leggere e informarsi è un dovere, ma non
lo è credere ciecamente a ogni cosa.
Il beneficio del dubbio. Sempre.
Per concludere, il web.
Come dicevo, ha partorito una miriade di
siti dove puoi leggere di tutto. Dalle farneticazioni nazifasciste di nostalgici
dementi alle invasate tesi rivoluzionario-comuniste di allucinati figuri con la
cultura di un toporagno. Per non parlare dei siti mistico/religiosi/esoterici,
dove trovi le più fantasiose puttanate che si siano mai lette.
In questi contenitori virtuali le
notizie di attualità sono filtrate da così tanta ignoranza che la metà basterebbe
a rimandare tutti gli imbrattacarte alla
prima elementare.
In ultimo, ma non ultimo, proprio il
social network più famoso del mondo (facebook, ovvio) rasenta la follia in quanto
a scriteriate dichiarazioni di milioni di teste di legno.
Io non sono per la censura, ma a volte
una resettata sarebbe necessaria.
Lì dentro c’è la summa di tutto quel che
non vorresti leggere.
Si passa dal becero razzista all’anarcoide
invadente.
Non puoi leggere di gente che vorrebbe
riaprire Auschwitz e rimanere impassibile.
Non puoi vedere un personaggio noto come
Ted Nugent (cantante e chitarrista americano) inneggiare pubblicamente al
possesso di armi da fuoco a go-go.
Non ha senso leggere i commenti o i post
di ignoranti figuri che si dichiarano felici per i migranti morti nel Mediterraneo.
Tutto questo non è assurdo, è folle.
Come ho detto all'inizio, tutto ciò è
stancante.
Vorrei solo un minimo di competenza e
correttezza, almeno prima di aprire bocca o di metter mano alla penna.
È già abbastanza difficile vivere in un
mondo fortemente manipolato nell’informazione, ma assistere al degrado senza
ritegno dà un senso di smarrimento.
Il beneficio del dubbio non è solo una risorsa quando si legge e si ascolta, ma anche prima di parlare e di scrivere.
sabato 3 ottobre 2015
LA PAURA CHE CI GOVERNA
Mi è stato detto spesso che ho la
antipatica abitudine di elencare solo le malefatte del mondo che ci circonda.
Riducendo tutto quello che dico e che scrivo in un’unica parola io risulto:
pessimista.
Può essere. Chi sono io per dire che non
è così a chi ne è convinto? Del resto, nessuno di noi ha la verità in tasca ed
io faccio parte del “noi”.
Un’altra cosa che mi è stata spesso
rimproverata è la mancanza di soluzioni proposte a fronte di tante critiche
snocciolate.
Anche qui, devo ammettere di non poter
dare torto a chi mi ha indicato come non propositivo, posso solo dire che non
l’ho voluto fare. E per una ragione assai semplice: le mie soluzioni sono in
aperto contrasto con il mondo in cui vivo, con la gente che ci vive e con il
sistema che ci governa.
La vera domanda che mi pongo, e lo
faccio spesso, è questa: ho veramente torto?
Francamente?
No.
Il mondo in cui siamo immersi è
governato essenzialmente da una parola. Da questa si dipanano tanti filamenti
che costituiscono la rete che ci attanaglia senza pietà. E quella parola è
stata manipolata in modo tale che tutto ciò che viviamo, in ogni momento, possa
portare a lei.
La paura.
Possiamo dire che non è così? Che non
siamo dominati dalla paura?
Anche chi è incline a dire che non ha
paura di niente è in realtà vessato passivamente da questa parola. Questo
perché non esiste nessuno di noi in grado di asserire in tutta onestà di non
averla mai provata o di non poterla provare almeno una volta nella vita.
La paura non è qualcosa di fisico, non è
qualcosa che puoi misurare, ma è qualcosa che puoi (potresti) controllare. Lo
puoi fare tu, lo possiamo fare tutti. Purtroppo, lo sanno fare molto bene
quelli che giocano con le nostre vite (ai quali abbiamo permesso di farlo, non
va dimenticato).
Se possiamo controllarla e contrastarla
e sappiamo attraverso tante prove che ne siamo in grado, perché rimaniamo
passivi di fronte al disastro che ci avvolge?
Per la paura stessa, anche se sembra un
paradosso. La paura di non riuscire e la paura di peggiorare le cose.
Ahimè, questa reazione non è tutta
“farina del nostro sacco”, ma ci viene inculcata in modo subdolo ogni giorno.
Cerco di fare chiarezza: non siamo un
ammasso di codardi che si nascondono, anzi, presi singolarmente sappiamo
essere, in molti casi della nostra vita, dei veri leoni e dei genuini
combattenti, ma ciò che ci rende vulnerabili è la mancanza di coesione. Soprattutto,
il fallace convincimento di non poter cambiare lo stato delle cose (nel suo
insieme).
Quella cortina di fumo che chiamiamo
Sistema è retto e governato da menti brillanti che sanno esattamente tutto
questo e che muovono le pedine sulla scacchiera del mondo in modo tale da
rendere la vita di noi tutti un continuo inseguire il nulla.
Tempo fa scrissi un articolo chiamato “Le
marionette” (http://lavocenellombra.blogspot.de/2015/01/le-marionette.html
) in cui spiegavo qual’era il mio punto di vista al riguardo della
manipolazione delle menti. Rileggendolo, credo di essere andato vicino al
nocciolo della questione, ma trascurando proprio il particolare di cui sto
parlando ora.
Generare paura nelle persone non significa
metterle di fronte a condizioni catastrofiche da un momento all’altro, ma
minare lentamente la loro convinzione di essere in grado di fronteggiare
qualsiasi cosa con la sola volontà. Togliendogli la possibilità di credere di
poter uscire da qualsiasi situazione senza aiuto alcuno, il Sistema genera una
rete implacabile di sfiducia che porta (e questo sì che è paradossale) le
persone a credere che si possa cambiare strada e migliorare proprio attraverso
il Sistema stesso.
L’esempio della politica è emblematico. L’Italia
ristagna da decenni alla mercé di una classe politica inconcludente e ridicola,
ma invece di insorgere e cercare di abbatterla per aprire a nuovi orizzonti, la
gente si fossilizza sugli stessi stereotipi che l’hanno resa schiava (non credo
sia un’esagerazione usare questo termine).
Si cerca la strada del “nuovo partito”,
della “nuova coalizione”, quando invece è tutto un rimescolamento di vecchi e
triti sistemi di potere. Tutto rimane così com’è e così com’era.
La cosa veramente assurda è che ci
sarebbero tutte le cose al loro posto affinché il quadro tornasse ad essere un’opera
d’arte, invece dell’obbrobrio che abbiamo di fronte.
L’Italia ha una Costituzione
straordinaria e basterebbe attenersi ad essa per iniziare ad avere un briciolo
di miglioramento. Abbiamo un sistema di leggi che, se fossero applicate
equamente, basterebbe per rendere il paese migliore.
Invece, no.
Il cittadino ristagna nel dubbio, nella
lamentela continua, nell’amaro (ed errato) convincimento di non poter far nulla
di propria mano per ristabilire un minimo di ordine nel mondo in cui vive.
Perché lo fa?
Perché almeno noi occidentali, non
ostaggi di tiranni sanguinari o di forcaiole regole religiose, non esigiamo un
cambiamento radicale a qualsiasi costo per noi e per il nostro futuro?
Per la paura che ci spinge a pensare che
le cose potrebbero peggiorare.
Per la paura di perdere quel poco o
tanto che abbiamo faticosamente conquistato.
Per la paura di ritrovarci senza quelle
cose che il Sistema ha reso indispensabili. Quelle cose inutili a cui diamo
tanto valore.
Quelle cose, e quei concetti, che ci
rendono schiavi. Codardi.
Tra le cause che ci spingono al non
intervento c’è anche la dimenticanza di ciò che la Storia ci ha insegnato.
Sono stati abbattuti regimi totalitari,
regnanti e governi crudeli e sempre, sempre, c’è stato un prezzo da pagare. Però,
si è passati oltre e dopo una o due generazioni si è visto il netto
miglioramento rispetto al passato.
Oggi, almeno nel nostro Occidente
ridente e patinato, abbiamo perso la volontà di combattere davvero.
Combattere per i nostri diritti. Quelli di
tutti.
In qualche modo ci hanno convinti che,
dal momento che nel resto del mondo c’è gente che sta esageratamente peggio di
noi, allora quel che abbiamo va bene così. Non importa se ci vessano con super tasse,
se ci sottopagano il lavoro, se ci spacciano per sano cibo spazzatura, se
condizionano anche la nostra salute. Importa che altrove stanno peggio.
Importa che noi non vogliamo diventare
come loro.
Paura.
Insicurezza.
Prima avevamo Mamma America che ci
faceva dormire sonni tranquilli. Anche la Mamma adesso ha scoperto le carte e
non solo non da più sicurezza, ma non è più credibile.
Allora ci rivolgiamo a Mamma Russia, che
grazie ad un leader di ferro ci fa credere di poterci salvare.
Non c’è salvezza, ahimè.
Non c’è perché, anche se non vi piace,
fa tutto parte di un gioco enorme al cui tavolo non ci siamo mai seduti. Noi,
noi popolo, noi gente, abbiamo deciso di essere solo spettatori (paganti) della
grande partita.
La cosa che non ci siamo messi in testa
e che rifiutiamo di capire è che dieci o venti persone nel mondo reggono il
destino delle nostre vite perché noi permettiamo che sia così.
Permettiamo loro di manipolarci con
tutto e il contrario di tutto spingendoci a credere di non-potere-fare-nulla.
Ad essere onesti, guardando lo scenario
nella sua interezza, sembra assurdo.
Con la paura e con lo zuccherino della
presunta libertà di espressione (questo articolo, ad esempio), rimaniamo
inattivi e continuiamo a mangiare dalla ciotola che ci pongono.
Ora, possiamo cambiare?
Ad onor del vero, no. Riformulando la
domanda:
potremmo cambiare?
Sì.
Sapete su cosa si regge il potere del
Sistema? Sul silenzio assenso della gente e sulla produttività.
Se interrompi questi fattori, il Sistema
va in stallo.
Quindi, a quelli che di tanto in tanto
mi dicono che non propongo soluzioni, dico: vogliamo iniziare a cambiare e
farlo in modo potente?
Bene, smettiamo di assentire attraverso
il blocco della produttività.
Sì, lo so, vi state sbellicando dalle
risate…
Care compagne pecore (questo siamo,
poche storie), delle tante e cervellotiche idee su come ribaltare la situazione
attuale, quella che ha più senso è togliere al Sistema quello su cui si regge.
Certo, potremmo aspettare le prossime
elezioni politiche. E poi? Otterremmo quel che vogliamo? Un mondo migliore?
Non esiste futuro finché il Sistema avrà
i piedi ben piantati sulla nostra testa.
La nostra paura di perdere piccoli e
insignificanti privilegi annienta la visione di quel che siamo: né liberi, né
autonomi.
Pensate a questo scenario: fabbriche
ferme, scuole chiuse, negozi con le serrande abbassate. I gestori di
supermercati che distribuiscono gratis generi di sussistenza per la Resistenza.
La Resistenza…che parola dal sapore antico…
Immaginate uno Stato bloccato da milioni
di cittadini che hanno deciso di dire Basta. Uno Stato solo.
Milioni di cittadini senza bandiere,
senza distinzione di ceto, di religione, di niente. Gente, come voi, come me.
Militari che si rifiutano di
intervenire, Polizia che fa altrettanto e che pattuglia solo per impedire che
gli sciacalli (ci sono sempre) se ne approfittino.
Pensate all’Italia, messa in ginocchio
dopo una settimana di blocco.
Le conseguenze? Immani, ovviamente. E qualora
l’esercito non rifiutasse di intervenire potrebbe essere guerra civile.
E ora chiediamoci: ne varrebbe la pena?
Varrebbe la pena vincere le nostre paure
a fronte di poter dire di aver tolto la faccia dal fango per una volta e averci
provato?
Varrebbe la pena convincersi che tutta
quella paura non ha senso di esistere e che possiamo e dobbiamo credere che si
può cambiare strada, a qualsiasi costo?
Ecco, io credo di sì.
Con tutti i rischi del caso, sì.
Anche voi, che avete figli (io non ne
ho), a quale futuro li state esponendo?
Chiudo.
Purtroppo, anche se girassi di casa in
casa per tutta l’Italia (parlo del mio paese, ma potete sostituirlo, nel
contesto, con qualsiasi altro) per fare proseliti sono sicuro che tanti mi
prenderebbero per pazzo.
Sui giornali si leggerebbero articoli su
un mentecatto che cerca di aizzare il popolo alla rivolta.
Non sarebbe del tutto sbagliato, ma
sarebbe una delle solite esagerazioni dei media.
Io continuerò a dire la mia e a proporre
questa mia visione, ma sono anche convinto che la paura che è stata instillata
in tutti noi è così profonda da far desistere la maggior parte di voi.
Solo quando le persone comprenderanno appieno
che chi ha generato questo Sistema coercitivo sono persone come noi, forse,
solo allora, potrà avvenire qualcosa di nuovo.
Forse si alzerà un coro che dirà: NO.
Fino ad allora, rimarremo passivi,
vivendo nella paura di perdere quello che abbiamo.
Cioè: niente.
Alla prossima.
venerdì 3 aprile 2015
FACCIAMO UN SACRIFICIO (?)
Ed eccoci alla Pasqua.
Beh, la cronologia lo esige e quindi,
dopo il Natale, eccoci all’altra festività cattolica per eccellenza.
E tutti giù a rimpinzarsi a più non
posso. Però …
Già, anche quest’anno c’è un “però” che
aleggia su ogni media immaginabile. La questione dell’agnello.
Ricorderete tutti che l'anno scorso fummo invasi dagli spot,
le foto e le campagne lanciate contro il consumo del belante giovane
quadrupede. Quest'anno ci ripetiamo, con schiere di animalisti e altri gruppi analoghi decisi a lanciare un attacco diretto a tutti i famelici consumatori di carne per difendere la povera
bestiola che, va detto, era già stata sacrificata proprio dal Padre Eterno, da
suo Figlio, dagli Apostoli e da tutto il resto del popolo sotto la croce.
Ora, lungi dal volermi buttare in un’analisi
della questione religiosa al riguardo però, insomma, la cosa mi sembra un
tantino strana e anche un po’ estrema.
Ogni giorno tonnellate di carne
macellata di ogni tipo è in attesa di essere acquistata sui banchi di vendita
di tutto il mondo; ogni giorno migliaia di camion trasportano animali destinati
al macello o già macellati; ogni giorno milioni di animali vivono la loro
giornata negli allevamenti (in condizioni per lo più discutibili).
C’era bisogno di una nuova e ulteriore campagna mediatica
ultra-intensiva in difesa dell’agnellino?
Qualcuno dirà: non vale solo per lui, ma
anche per gli altri animali.
Molto bene, allora boicottiamo la carne!
Certo, come no …
La questione, come sempre, è più
sottile, intrigata e ipocrita e non potrebbe essere altrimenti, giacché siamo
umani.
Quelli che si sono fatti intenerire
dagli spot e dai post sui social network pro-agnello sono gli stessi che invece del “piccolo” mangeranno
bistecche di manzo, arrosti di vitello, braciole di maiale. Certo, vegetariani
e vegani mangeranno altro, ma tutti gli altri?
Va detto che uno spot per salvare la
vita al maiale sarebbe auspicabile, adesso, ma come la mettiamo con le succulente
salsicce?
E chi glielo dice al popolo di Firenze che mangiare la fiorentina
sarebbe una violenza innominabile nei confronti dello sfortunato bovino?
Eh, già, il punto è che l’agnello
raffigurato nelle varie fotografie è un cucciolo, tipo i cagnolini le cui foto
riempiono di tenerezza canina tutto il web.
Il cucciolo fa pensare ad un
esserino indifeso che viene preso, ammazzato, scuoiato, squartato e fatto a
pezzi pronti per la casseruola. Immagine terribile, dico bene? E come pensate
che finiscano gli altri animali sui banchi delle macellerie?
Purtroppo, la nostra dis-umanità è
racchiusa anche in queste nefande azioni: prendere le parti di uno, ma lasciare
che il resto se la sbrighi come sempre.
Mi perdonino gli agnelli, ma temo che ci
siano questioni ben più serie e gravi da affrontare che non spendere tonnellate
di tempo (e anche denaro) per spingere questi messaggi, tra l’altro ben lontani dall’essere di una
qualche utilità.
Perché, mentre pensiamo a salvare l’agnello
dal sacrificio continuiamo a respirare aria inquinata, mangiamo cibi
spazzatura di dubbia provenienza, fumiamo come ciminiere, ci spariamo dentro
ettolitri di alcolici e, come se non bastasse, passiamo la vita a lavorare per
un pugno di mosche per poi morire senza aver vissuto decentemente per un tempo
ragionevole. Contribuendo a spappolare il pianeta che abitiamo.
Allora, facciamo davvero un sacrificio:
smettiamola con le scemenze e occupiamoci d'altro, che sarebbe ora.
Buona Pasqua (?).
mercoledì 11 febbraio 2015
L’ULTIMA PAROLA DA RICORDARE
Non c’è più scampo, l’unica
regola è fuggire.
Lontano dai resti marci
di quest’immondezzaio che
ancora
insistiamo a chiamare casa.
Qui l’unica cosa che rimane
è l’insistente odore di morte
e di falsi Dei
e ideali fasulli.
Basta. Ora basta.
Andiamo via da qui.
Perché è già troppo tardi
e poi la cancrena colpirà
anche noi.
Speranza è una parola
ormai senza senso da troppo
tempo.
Speranza non c’è mai stata.
Né per me.
Né per te.
E nemmeno per i bambini già
nati
e già infettati dal morbo,
e nemmeno per quelli che
nasceranno.
Perché nasceranno…
E saranno i nuovi carnefici
e le nuove vittime.
Questo è ciò che ci aspetta,
il futuro luminoso di pace,
misericordia e amore…
Tutti proiettili che si
conficcheranno
come lame putride,
nelle carni, nelle menti,
nelle anime,
negli spiriti,
nelle vite già morte di ogni
nascituro
di questo mondo insanguinato.
Fuggiamo.
Vieni via!
Fallo per me, scappa,
e che sia lontano da tutto
così lontano quanto
l’arcobaleno all’orizzonte,
lontano oltre le soglie del
visibile.
Qui è già tutto morto.
Morto.
Di morte toccato e di morte
straziato.
Morto come il pensiero
come il sogno
come la poesia e il mistero.
Morto perché di morte l’uomo
sospinge
quel veliero fumoso chiamato
futuro.
Abbiamo distrutto tutto…
Salviamo almeno questo.
Il nostro ultimo respiro.
L’ultima essenza che non
abbiamo mai capito.
Fa che si salvi quell’ultimo
sussurro
di un’esistenza passata a
negare d’esser vivi,
passata a cancellare la magia
dell’essere,
passata a distruggere il sogno
del giorno dopo.
Perché domani non ci sarà.
Come non c’è stato ieri.
Noi che abbiamo camminato
in un eterno oggi,
maciullato dalle vergate
dell’idiozia,
dell’indifferenza e
dell’ipocrisia.
Senza mai avere altro scopo
che non fosse quello di
vincere.
E avere,
e possedere.
E conquistare.
Ma cosa?
Cosa, maledizione, cosa?!
Nulla!
Niente!
Siamo niente
lo siamo stati per talmente
tanto tempo
da dimenticare l’istante
d’inizio di questo frastuono
che chiamiamo vivere.
Questo insensato e perdurante
macello.
Figlio mio.
Amore mio.
Scappiamo via.
Che qui non è più posto da un
eternità
per chi pensa e sogna
e per chi immagina e per chi
spera
per chi fa di un istante
il cristallo prezioso da
conservare.
È finita.
Non c’è più tempo.
Vieni via.
Il cancro si diffonde e presto
toccherà anche a noi.
Fuggiamo.
E che sia per noi ‘domani’
l’ultima parola da ricordare.
giovedì 5 febbraio 2015
LA SOLITA VECCHIA STORIA (?)
L’Italia è un paese strano, l’avevate
notato anche voi? E’già abbastanza strana la posizione geografica, che ci ha
visti dominatori, dominati, divisi, accorpati, ma la situazione politica ha
dell’incredibile.
Ci riflettevo giusto qualche giorno fa e
poi, come è naturale che sia, arriva la notizia che non ti aspetti, ma avresti
dovuto.
“Gli
ex del Movimento 5 Stelle formano Alternativa Libera.”
Eccoli qua. Esattamente come gli altri,
o peggio? Che dire, per ora non resta che aspettare, ma va da sé che, forse,
qualcosa non quadra(va) nel M5S. Io me lo ero posto diverse volte, il quesito.
Un partito che nasceva come un’idea
nuova, come una voce corale contro il sistema, come un grimaldello per forzare
le serrature a doppia mandata della politica logora e consunta della nostra
Repubblica; un partito che nasceva dal concetto semplice di “Stato al servizio
del popolo”.
Eppure, sin dai suoi primi vagiti, si
era intravista una strana ombra di non-democrazia
all’interno del partito stesso. Un’ombra che, in seguito, si sarebbe chiarita
molto bene, definendo i ruoli. Grillo e Casaleggio sono i deus ex machina e solo loro decidono chi, come, cosa, perché.
Certo, a sentire loro (soprattutto
Grillo) il Movimento è assolutamente democratico nel suo statuto e nell’organizzazione,
ma questo appare vero solo in parte, anche perché i componenti allontanati (o
epurati, fate voi) non lo hanno fatto tutti di loro spontanea volontà (direi
pochi) e le linee guida, soprattutto iniziali, da seguire nei confronti dei
mass media non le aveva decise il Movimento nella sua interezza, ma solamente i
due fondatori.
Ora gli epurati vanno a formare una nuova realtà politica e il nome
(Alternativa Libera) ha effettivamente un che di polemico con il Movimento, non
trovate?
Non bastava aver già avuto la
cancellazione della Democrazia Cristiana (perché il partito di Casini cos’è?)
con una emorragia di ex democristiani confluiti ovunque, dalla sinistra
radicale, al centro-sinistra, al centro-destra; non bastava aver assistito al
suicidio del Partito Comunista e alla nascita di Rifondazione, Comunisti
Italiani, poi Sel, aggiungendo l’Ulivo, l’Unione e poi il Partito Democratico;
non bastava nemmeno aver visto l’harakiri del Movimento Sociale, diventato
Alleanza Nazionale per poi sparire all’interno del pantagruelico Popolo delle
Libertà. Non bastava aver avuto partiti, partitini, partitacci di ogni ordine e
grandezza.
Il Movimento 5 Stelle nasceva per dare
una identità nuova alla politica di questo paese, ma in realtà non l’ha mai
fatto. O, se l’ha fatto, l’operazione è parzialmente riuscita e, infatti, la
nascita di un altro (ancora) partito proprio dalle costole del M5S fa
comprendere come non si riesca ad uscire da questo pantano che è la concezione politica italiana.
Per dirla come un vecchio detto: ognun
per sé e Dio per tutti.
Non mi fidavo prima di un Movimento che
non si batteva sin dall’inizio sul medesimo terreno del potere e non mi fido
oggi, a maggior ragione.
Il concetto è semplice: se vuoi battere
il potere lo devi affrontare dove questo è più forte e, soprattutto, devi fare
in modo che la gente ti senta.
L’Italia è un paese di anziani. Sono veramente
tanti. E gli anziani, la grande maggioranza, guarda la televisione e legge i
giornali: i due media per eccellenza e non solo in Italia. Sono pochi,
percentualmente, quelli che navigano su internet, ma vanno tutti a votare. Io
mi ricordo bene che tanta gente mi diceva, poco prima delle ultime elezioni
politiche, che non sapeva se votare Grillo perché faceva tanto rumore, ma non
si sapeva cosa volesse fare.
Perché impediva ai suoi accoliti di partecipare a quelle
trasmissioni dove avrebbero potuto dire cosa voleva fare il Movimento e, sopra
ogni cosa, avere un contradditorio?
Sì, lo so che i grillini si sono diminuiti lo stipendio e si battono come leoni in
Parlamento, che cercano di fermare il Potere, ma allora cosa significa
Alternativa Libera?
E se erano tutti d’accordo, perché ora
non lo sono più?
Io non scriverò le mie conclusioni, le
lascio trarre a voi. Però, vi lascio con un pensiero:
da ogni parte lo si ascolti, il pensiero
politico di OGNI parlamentare e OGNI partito è diretto al bene del paese, al
ritorno alla prosperità, alla soluzione dei problemi che ci affliggono. Se sono
tutti d’accordo, perché non si è ancora fatto niente?
La solita vecchia storia (?).
Alla prossima.
mercoledì 28 gennaio 2015
Vivere E Morire
Nascita e morte.
E’ racchiusa
tra queste due parole la nostra parentesi sulla Terra.
Semplice,
lineare.
Nascita e
morte. Esattamente come ogni altro organismo vivente.
Ma noi siamo
animali strani, e quindi arriviamo a considerare la nostra vita qualcosa
di più importante, di più speciale. Di più
rispetto, e a dispetto, di qualsiasi altra forma di vita.
(Ok, in larga
parte. Ci sono delle minoranze con qualche briciolo di coscienza, lo so. Ma
sono minoranze.)
Il perché noi
guardiamo a noi stessi come ad esseri speciali forse è materia
per filosofi e antropologi, anche se qualche psichiatra non guasterebbe, e
quindi lascio a loro le congetture e le conclusioni.
Qui, invece,
io mi voglio occupare d’altro.
Quando
nasciamo noi siamo cuccioli indifesi capitati in questo mondo per caso o per
volontà dei nostri genitori. Da quel momento in poi, per lungo tempo,
dipendiamo da essi e dalla loro capacità di assicurarci una buona crescita e un
habitat sicuro (e spesso da altri fattori esterni condizionanti). Abbiamo il
diritto di vivere, in sintesi. E, soprattutto, di vivere nel modo migliore
possibile.
E’ un assunto
che non accetta condizioni.
Nello stesso
modo in cui abbiamo il diritto di vivere, così abbiamo il diritto di morire.
E anche il
dovere.
E’ brutto, lo
so. A nessuno piace pensare alla morte.
Il problema
nasce dal fatto che nella nostra società (in modo particolare quella
occidentale) esiste un vero e proprio concetto sbagliato di morte.
Insegniamo ai
nostri bambini ad avere paura della morte, come se fosse una cosa orrenda che
succede se fai qualcosa di sbagliato. E quando essi diventano adulti, come noi,
rimangono atterriti dall’idea della morte come se fosse uno spauracchio da
esorcizzare, un mostro da combattere, un male da evitare.
Non è così.
Il ciclo della
vita comprende tre fasi: nascita, esistenza, morte.
Punto.
C’è poco da sorprendersi, l’universo funziona così, che piaccia oppure no.
C’è poco da sorprendersi, l’universo funziona così, che piaccia oppure no.
Parlo
dell’universo non a caso.
Tutto,
nell’universo, ha un suo percorso che non è diverso da quello di noi umani, ma
noi dimentichiamo spesso un principio enunciato da Lavoisier:
“Nulla si
crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.”
Pertanto, la
morte non è un orribile cosa che giunge per sopprimere e cancellare la nostra
esistenza, ma soltanto un naturale processo per la fine di un ciclo.
E’ chiaro, da
qui in poi si potrebbero aprire dibattiti sull’anima, sullo spirito e su altre
cose, ma non è questo che intendo fare. Se vi va, potete farle da voi queste
riflessioni.
Prima ho
parlato di diritto e dovere di morire.
E’ la verità,
che piaccia o meno.
Così come
dobbiamo vivere, dobbiamo morire. Non possiamo, e soprattutto non dobbiamo,
stravolgere questo stato di cose. Che senso avrebbe?
Vivere per
sempre? E per quale motivo?
Possiamo
vivere più a lungo, possiamo migliorare la qualità della nostra vita, ma poi,
infine, è giusto che il ciclo finisca.
Quello a cui
voglio giungere con questo lungo discorso, è una cosa delicata.
Molto delicata
per quella parte di nozioni che appartengono alla morale comune.
Se è vero,
come è vero, che in teoria (su questo fate una riflessione sulle popolazioni
del terzo mondo) noi tendiamo a volerci assicurare una buona qualità della
vita, lo stesso non si può dire sulla qualità della nostra dipartita.
Ci sono dei
casi in cui il modo in cui si muore ha molta importanza, ed è legato a stretta
mandata con la qualità della vita.
Per capire
questo c’è bisogno di esempi.
Una persona
colpita da una malattia invalidante che la renda inabile al punto tale da non
essere più autosufficiente, e che in questa condizione rimarrà fino alla sua
fine, ha il diritto di poter essere curata, assistita, controllata in ogni
momento. E’ un suo diritto, come ho detto, e la società ha il dovere di
assicurargli tutto questo.
Se questa
persona, però, in grado intendere e
volere, non volesse più vivere in simili condizioni?
Se smettesse
di volere un’esistenza privata di tutto quello che dona dignità ad un
individuo?
Non scaldatevi
tanto.
Pensate sia
semplice diventare veri e propri schiavi di un corpo che non risponde più?
Riflettete su
cosa vorrebbe dire non poter essere in grado di mangiare, bere, muoversi,
andare in bagno, lavarsi senza l’ausilio di un aiuto esterno.
Una condizione
dove persino comunicare senza l’aiuto di apparecchi sia impossibile.
Se una persona
così volesse morire, dire basta, chiedere di essere lasciata andare, che male
ci sarebbe? Soprattutto, dove sarebbe il male?
Forse ci
opponiamo perché la nostra morale ipocrita non accetta di andare contro le
leggi del divino? Perché pare che sia spesso il fattore religioso a fare da ago
della bilancia.
Laddove non
c’è, si sente spesso parlare, comunque, di diritto alla vita.
Diritto?
Qui non si
parla di omicidio, come qualche titolato scriteriato vorrebbe metterla.
Quando una
persona gravemente malata muore, non diciamo spesso che “ha finito di
soffrire”?
E allora,
perché non consentire a chi lo vuole di porre fine ad una sofferenza inutile?
A chi lo
vuole, ho detto, non a tutti indiscriminatamente!
Qualcuno ha detto che l’eutanasia è disumana.
Ed è umano
volere che qualcuno rimanga paralizzato in un letto fino alla fine dei suoi
giorni, per di più contro la sua stessa volontà? E’ umano obbligarlo a rimanere
prigioniero di un corpo che non funziona più?
Avete mai dato
un’occhiata sul dizionario alla voce eutanasia?
Vi aiuto io:
Eutanasia –
morte non dolorosa provocata in caso di prognosi infausta e di sofferenze
ritenute intollerabili.
E poi parliamo
di diritti umani…
Come sempre,
ci dimostriamo insensati nei nostri giudizi e nei nostri convincimenti.
Avere il
diritto di vivere è qualcosa di intoccabile, ma altresì il diritto ad una morte
dignitosa è ancora più importante.
La nostra
società si riempie la bocca con la storia dei diritti, con i precetti della
chiesa, con la filosofia della vita e come sempre lo fa guardando un solo lato
della medaglia.
Si parla di
vita, senza guardare agli altri aspetti ad essa legata.
…sofferenze
ritenute intollerabili…
Io non vorrei
essere, un giorno, nelle mani di chi decide per me se devo soffrire o no e se
si, per quanto tempo. E non vorrei che nessuno di quelli che amo si trovasse in
una situazione simile.
Non c’è senso
alcuno nel voler forzare un’esistenza che ha smesso di avere significato.
Questo si che sarebbe disumano.
Ed aggiungo
che è disumano, pensatela come vi pare, permettere che ci si svegli
da un coma di anni e anni in uno stato semi-vegetativo per poi sopravvivere in
uno stato di semi-esistenza.
Non è un inno
alla vita, ma puro egoismo.
Noi nasciamo,
esistiamo, moriamo.
Dovremmo
occuparci con eguale civiltà di ognuno di questi aspetti.
Dovremmo… ahimè.
Alla prossima
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