mercoledì 11 febbraio 2015

L’ULTIMA PAROLA DA RICORDARE


Non c’è più scampo, l’unica regola è fuggire.
Lontano dai resti marci
di quest’immondezzaio che ancora
insistiamo a chiamare casa.
Qui l’unica cosa che rimane
è l’insistente odore di morte
e di falsi Dei
e ideali fasulli.
Basta. Ora basta.
Andiamo via da qui.
Perché è già troppo tardi
e poi la cancrena colpirà anche noi.
Speranza è una parola
ormai senza senso da troppo tempo.
Speranza non c’è mai stata.
Né per me.
Né per te.
E nemmeno per i bambini già nati
e già infettati dal morbo,
e nemmeno per quelli che nasceranno.
Perché nasceranno…
E saranno i nuovi carnefici
e le nuove vittime.
Questo è ciò che ci aspetta,
il futuro luminoso di pace,
misericordia e amore…
Tutti proiettili che si conficcheranno
come lame putride,
nelle carni, nelle menti,
nelle anime,
negli spiriti,
nelle vite già morte di ogni nascituro
di questo mondo insanguinato.
Fuggiamo.
Vieni via!
Fallo per me, scappa,
e che sia lontano da tutto
così lontano quanto l’arcobaleno all’orizzonte,
lontano oltre le soglie del visibile.
Qui è già tutto morto.
Morto.
Di morte toccato e di morte straziato.
Morto come il pensiero
come il sogno
come la poesia e il mistero.
Morto perché di morte l’uomo sospinge
quel veliero fumoso chiamato futuro.
Abbiamo distrutto tutto…
Salviamo almeno questo.
Il nostro ultimo respiro.
L’ultima essenza che non abbiamo mai capito.
Fa che si salvi quell’ultimo sussurro
di un’esistenza passata a negare d’esser vivi,
passata a cancellare la magia dell’essere,
passata a distruggere il sogno del giorno dopo.
Perché domani non ci sarà.
Come non c’è stato ieri.
Noi che abbiamo camminato
in un eterno oggi,
maciullato dalle vergate dell’idiozia,
dell’indifferenza e dell’ipocrisia.
Senza mai avere altro scopo
che non fosse quello di vincere.
E avere,
e possedere.
E conquistare.
Ma cosa?
Cosa, maledizione, cosa?!
Nulla!
Niente!
Siamo niente
lo siamo stati per talmente tanto tempo
da dimenticare l’istante
d’inizio di questo frastuono che chiamiamo vivere.
Questo insensato e perdurante macello.
Figlio mio.
Amore mio.
Scappiamo via.
Che qui non è più posto da un eternità
per chi pensa e sogna
e per chi immagina e per chi spera
per chi fa di un istante
il cristallo prezioso da conservare.
È finita.
Non c’è più tempo.
Vieni via.
Il cancro si diffonde e presto toccherà anche a noi.
Fuggiamo.
E che sia per noi ‘domani’

l’ultima parola da ricordare.

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